venerdì 24 dicembre 2010

La pluie de Noël

Pioveva e non sapevamo se all'uscita fosse consono ridere per qualcosa.
Oggi quei bambini vivranno il peggior Natale di sempre, e ogni anno sarà un triste anniversario. Ho avuto la sensazione che la fantasia però non li facesse ancora rassegnare. Erano composti e sfuggivano gli sguardi, con un dolore che si intravedeva come capocchie sul portaspilli.
Mi è dispiaciuto dar loro un bacio sulla guancia dopo aver fumato una sigaretta. Ma poi ho pensato che anche se la loro statura è metà della mia hanno vissuto più di me e non si sarebbero scandalizzati.

lunedì 20 dicembre 2010

Edizione straordinaria

La pensione dà alla testa: chissà se potrò mai accedere a tale euforia.
Questa mattina, per la prima volta nella mia vita, ho sentito mio padre cantare. 
E cantava Il caffè della Beppina non si beve alla mattina.

domenica 19 dicembre 2010

And since we've so many places to go / Let it snow, let it snow, let it snow

Un po' di domande retoriche 

Condizioni atmosferiche, perché non vi siete adeguate alla società moderna? Società moderna, perché non ti sei adeguata alle condizioni atmosferiche?

Bisogna fare una scelta

- O si ammette che non ci possiamo permettere lo standard della comunità globale, che per venti centimetri di neve a Firenze Santa Maria Novella c'è stato il finimondo, il bunker alla Fortezza da Basso, le linee telefoniche interrotte, sfollati, treni cancellati, binari deserti, scambi gelati, binari ghiacciati, piani buttati all'aria, gente senza ombrello, gente senza guanti, gente senza appoggio, gente disperata, gente con una segreta speranza associata a tachicardia, gente sola e gente insieme ma in mezzo a una via!
Nelle superstrade toscane code di persone in attesa per più di 13 ore per poter fare 20 chilometri; la polizia e i carabinieri non rispondevano neanche più alle telefonate e a dispetto di quanto detto nella sincerissima televisione non una coperta né un tè caldo per chi ci s'è trovato in mezzo
- O si adegua il tutto per le emergenze, se quella di venerdì scorso si può chiamar tale (per gli effetti sì, ma non per il fatto in sé), rendendo dignitose queste nozze coi fichi secchi.

La soluzione

Beh, a mali estremi, estremi rimedi, ho già controllato e il prossimo venerdì 17 cade a giugno 2011. Quindi se statalmente non è cambiato niente, state a casa quel giorno, ricordatevelo bene perpiacere.

Ché io volevo fare una gita in treno direzione nordest Grande Sertão italiano programmata per tempo,  finita con un reclamo alle Ferrovie dello Stato e un grande senso di presa di culo.

mercoledì 8 dicembre 2010

Surprises, please

Dalla collana "Cose che molto probabilmente non ti interessano"

Lasciamo stare questa nottata tempestata di pensieri inquietanti frutto di preoccupazioni che non vi e non mi riguardano e che mi hanno svegliata di soprassalto prestissimo. Con strascichi niente male, soprattutto oggi in cui mi vedo obbligata  a mantenere un atteggiamento di sospensione. "Mi vedo" da considerarsi letteralmente: oggi mi vedo vivere. Sono sola, ma se ci fosse qualcuno mi scrollerebbe la spalla dicendomi Forse è meglio se ce ne andiamo via di qui.
Thom Yorke
Parliamo dell'altra sera invece, quando inspiegabilmente mi sono addormentata pensando al cantante dei Radiohead, pur non avendolo conosciuto personalmente né potuto apprezzare appieno grazie a terzi né soprattutto essendo in definitiva particolare estimatrice della loro musica (senza in realtà schifarla). Resta il fatto che stavo pensando a Thom Yorke, e non ne conosco il motivo. Sarà stata la prima volta che lo facevo. E me ne ricordo perché poi, al risveglio, mi è ritornato subito in mente e mi sono resa conto che era lo stesso pensiero di prima di addormentarmi. Mah che vorrà dire. Con quell'occhietto, poi.
Adesso con questa rivelazione non stupirò nessuno e sarà di certo irrilevante rispetto a quelle degli ultimi tempi, però ho acceso l'enciclopèdia e ho cercato 'sto tizio (di cui non ricordavo neanche il nome) per sapere che volesse da me e ho scoperto che siamo nati lo stesso giorno. Non dello stesso anno, però: altrimenti era meglio se mi davo all'ippica.

domenica 5 dicembre 2010

Galateo

Ormai la gente è talmente abituata a ciarlare solo in cucina davanti a Canale 5 che non capisce che se al cinema ogni poco ti giri a guardare nella loro direzione mantenendo uno sguardo di sfida non è per un tic nervoso.
Sono convinta che fra le due signore sedute dietro stasera ce ne fosse una che seguiva il film e l'altra no, e l'amica doveva descrivere passo passo quello che succedeva. Sennò non si spiega.
Ormai poi con il 3d c'è caso che lo spettatore si sia messo in testa che i personaggi parlino con lui, e si sente autorizzato a rispondere ad ogni battuta. O sei un illuso, o sei un imbecille.
Fatto sta che alla signora avrei dato una manata e le avrei chiesto indietro i soldi del biglietto.


Comunque P., al cinema con te, il tu' citto e gli amici del tu' citto non ci torno più che si porta jella.

sabato 27 novembre 2010

Questi post davanti al mare

E fin qui abbiamo parlato e sparlato, discusso, pianto e cantato. Abbiamo riso prima di fare la battuta, e da soli ripensando a una cosa. Ci siamo messi in mostra e in disparte, e brindato e siamo andati a riposare. Abbiamo detto le solite cazzate del caso, passato il tempo alla meglio. Abbiamo letto e scritto, alzato la mano, fatto tanti convenevoli e anche sognato. Sogni belli, brutti, mediocri in bianco e nero di cui rimane solo l'alone che scompare alla prima specchiata mattutina (ora ci sei solo tu davanti allo specchio)

E la resa dei conti?

Stavo discutendo poco fa con un'amica che ci vorrebbe un'involuzione, si dovrebbe retrocedere; capiamo noi stessi così bene e abbiamo così chiare le situazioni da renderci ancora più confusi.
Chissà! L'uomo si porta dietro il fardello della soddisfazione della consapevolezza, e invece mah, si diventasse un po' più ruspanti sai quante soddisfazioni in più.
Che tanto diciamocelo scavare e scavare fa sempre più male, vorrei dimenticare alcune cose, ma tanto è d'uopo che continui a pensare, e costruire sopra quello che c'è.

Il fatto è che, se invece di cercare la propria felicità ci si dà in pasto a surrogati e diversivi, la prima negatività ti piega

Perché non hai niente con cui difenderti e tutto da cui difenderti.

L’homme n’est qu’un roseau, le plus faible de la nature; mais c’est un roseau pensant. Il ne faut pas que l’univers entier s’arme pour l’écraser: une vapeur, une goutte d’eau, suffit pour le tuer. Mais, quand l’univers l’écraserait, l’homme serait encore plus noble que ce qui le tue, parce qu’il sait qu’il meurt, et l’avantage que l’univers a sur lui, l’univers n’en sait rien. Toute notre dignité consiste donc en la pensée. C’est de là qu’il nous faut relever et non de l’espace et de la durée, que nous ne saurions remplir. Travaillons donc à bien penser: voilà le principe de la morale. Ce n'est point de l'espace que je dois chercher ma dignité, mais c'est du règlement de ma pensée. Je n'aurai pas davantage en possédant des terres: par l'espace, l'univers me comprend et m'engloutit comme un point; par la pensée, je le comprends.

L'uomo è soltanto una canna, la più debole della natura; ma è una canna pensante. Non c'è bisogno che l'intero universo si armi per schiacciarlo: un vapore, una goccia d'acqua bastano ad ucciderlo. Ma, quandanche l'universo lo schiacciasse, l'uomo sarebbe ancor più nobile di ciò che lo uccide, perché sa di morire, e del vantaggio che l'universo ha su di lui, l'universo non ne sa niente. Tutta la nostra dignità consiste dunque nel pensiero. È da qui che dobbiamo risollevarci e non dallo spazio e dalla durata, che non sapremmo riempire. Impegniamoci dunque a pensare bene: ecco il principio della morale. Non è a partire dallo spazio che devo cercare la mia dignità, ma dall'organizzazione del mio pensiero. Non avrei di più possedendo terre: attraverso lo spazio, l'universo mi comprende e mi inghiottisce come un punto; attraverso il pensiero, lo comprendo.

Blaise Pascal, Pensées, 1660 

Sono queste fortune del tutto particolari 
- l'universo pur comprendendoci non ci comprende.

domenica 21 novembre 2010

The world is a vampire

Questa storia la conoscono tutti quelli con cui parlo, ma proprio perché è per me l'archetipo della figura di merda ho deciso di scriverla anche qui. Più che altro è un racconto della mia indicibile diffidenza.
Questa storia si svolge alla fine di una serata tranquilla e infreddolita passata con amici a bere Schweppes col limone e a dire le solite cazzate sui gradini di una chiesa: l'archetipo dell'uscita quando erano ancora tutti qui, più o meno. La serata si concluse con il passaggio a casa dato ai già citati amici, che si disposero una sul seggiolino anteriore e l'altro dietro (probabilmente senza cintura di sicurezza).
 
Usciamo dal parcheggio, e alla fine della via vedo davanti a me una ragazza che sbracciandosi mi fa capire che vuole che mi fermi. Sicura che le mie strutture cognitive siano perfettamente funzionanti, comprendo il messaggio e mi accosto. Premo sul bottone che fa abbassare il finestrino per sentire se oltre alle bracciate avesse anche un messaggio verbale per me. Avevo intuito bene.
La ragazza ci fa: "Ciao ragazzi scusate... Non è che avreste i cavi della batteria?!"
E ora sarei troppo incalzante se subito scrivessi quale fosse stata la mia risposta. Cercherò quindi di spiegare cosa accadde nella mia testa in quel preciso momento, per gradi.
  1. Questa tizia pensa che noi siamo un gruppo musicale che sta andando a suonare (a quest'ora, poi);
  2. Questa tizia fa parte anche lei di un gruppo musicale che sta cercando di appropriarsi dei cavi della batteria (intesa come strumento a percussione) del nostro gruppo che ne rimarrà quindi sprovvisto dettando l'insuccesso del nostro spettacolo stasera;
  3. Questa tizia ci sta pigliando per il culo perché è noto che la batteria sia uno strumento che non ha bisogno di cavi elettrici: per chi mi ha preso?
  4. Noi non siamo un gruppo musicale! Hai voluto fare una battuta sulla musica? E allora ti servo io!
La mia risposta: "No non ce li ho, però c'ho gli Smashing Pumpkins" e ho alzato a presa di culo il volume dell'autoradio a un livello abbastanza alto affinché lo smacco riuscisse.
Lei mi ha guardato interrogativa, io ho ingranato la prima e me ne sono andata. 50 metri dopo mi giro verso i miei amici guardandoli con l'aria di avete visto come sono sagace.
La mia amica accanto al posto del guidatore dopo alcuni secondi di silenzio mi dice "Ma sei rincoglionita?" e io "Perché scusa?" e lei "Perché a quella povera ragazza si era fermata la macchina, voleva i cavi per rimetterla in moto" e io "Cazzo"

E così finisce la storia più imbarazzante degli ultimi 5 anni. Poi capite che non è un bene stare sempre sulla difensiva.


sabato 13 novembre 2010

Il faut se méfier des mots,
encore moins des soupçons.

Il faut se fier aux intuitions,
encore plus aux répétitions.

En cas de sporadicité,
fiez-vous à ce que vous voulez vous fier.

venerdì 12 novembre 2010

E poi dicono che so' strulla.

Che palle, volevo scrivere una cosa che mi preme ma non riesco a parole, dovrei fare un disegno. Perché il contorno c'è tutto, non riesco ad esprimere la parte centrale. Potrei fare un disegno con le parole intorno.

Comunque, diceva una cosa tipo così:
Sipario, teatrino, ridicolezza, prendo il taccuino della Ginja de Portugal e l'Aurora, cancellerie delle grandi occasioni di tête-à-tête con la mia ridicolezza e provo a scriver lì ma niente da fare, escono solo schemi e frecce che hanno senso per sé stesse ma non in un discorso organico e sintatticamente ordinato, allora è finita.
C'è un momento nella vita che si ripete giorno per giorno in cui il  sipario si apre su questo teatrino ed uno si sente effettivamente ridicolo perché ha esternato ciò che ha dentro, ossia [parte mancante che necessita di disegno], tutte cose che portano in sé la propria giustificazione cit. Breton e 'sti cazzi; però c'è da ricordare il grave dramma della paura della derisione e infine, volevo solo dire che non ci si deve vergognare di quello che si prova.
E se non avete capito allora mi sono spiegata bene.

E mi è anche venuto in mente che Breton stesso, quando ha scritto: 
Il me paraît que tout acte porte en lui-même sa justification - (Manifeste du Surréalisme, 1924)
beh si è trovato nella mia stessa situazione, anzi, io mi sono trovato nella sua, io qui posso sparar cazzate, creare nuovi tipi di sintassi, cercare di stupire con scarso effetto i miei 3 lettori a dirla grassa del venerdì mattina e mettere delle parentesi quadre dicendo che manca un disegno, lui invece stava scrivendo un manifesto, che un minimo di serietà di forma ce lo deve avere. Ed effettivamente o fai un disegno o dici questa cosa.

© Trovata qui: http://noe.falzon.free.fr è ciò che più si avvicina a quello che aveva in mente.

martedì 9 novembre 2010

Boscajoli

Conversazioni mattutine in macchina.
[Allora, che mi racconti. Com'è andata a Parigi? Bene bene... Ci muovevamo tipo gita. Volevo andare a vedere l'Ubu Roi ma non ci siamo andati Il che?  - Quello della 'Patafisica -. E poi, novità? Mah, niente di nuovo, niente di che... Mi sono messa a guardare The Big Bang Theory, sono quasi alla fine. Ah c'è un'altra novità, mi sono iscritta al corso di power stretching  Di che? Di power stretching, una specie di pilates parecchio faticoso, dovrebbe sviluppare la forza e allungare i muscoli  Ah vuoi diventare più alta. E poi? Il mi' babbo è andato in pensione  Ah, e come l'ha presa? Benissimo! È contentissimo che ha un sacco di tempo libero, ha anche quasi finito di leggere Il Signore degli Anelli. Attenta, all'inizio sono tutti contenti, poi dalla disperazione sentiranno il bisogno di andare a tagliare la legna.]

Bazinga.

mercoledì 6 ottobre 2010

'Patafisica: scopriamo cos'è

Proprio oggi mi è capitato fra le mani il foglietto di uno spettacolo teatrale, sapienti mani hanno saputo passarmelo. Anche qui, nascoste ben bene, ci sono delle cellule surrealiste! Non ci potevo credere. Addirittura in suddetto volantino si presuppone esista un'accademia di 'Patafisica locale. Nientedimeno!
Ovvio, direi, in questo mondo di ladri la fuga nell'immaginazione mi sembra veramente la soluzione più immediata.

Ma che cos'è la 'Patafisica? O più precisamente, la 'Pataphysique?
Trattasi de "la scienza delle soluzioni immaginarie, che accorda simbolicamente ai lineamenti le proprietà degli oggetti descritti per la loro virtualità" (scopiazzo da Wikipedia per comodità). La definizione è stata coniata oh oh oh da Alfred Jarry, e mi emoziono solo a citarlo, quel volpino che se lo vedo gli faccio uno stin stin sul capino.
Alfred Jarry en balade à vélo
Queste sono le parole scientificamente esatte usate dall'autore:
"La pataphysique, dont l’étymologie doit s’écrire epi (meta ta fusika) et l’orthographe réelle ’pataphysique, précédé d’un apostrophe, afin d’éviter un facile calembour, est la science de ce qui se surajoute à la métaphysique, soit en elle-même, soit hors d’elle-même, s’étendant aussi loin au-delà de celle-ci que celle-ci au-delà de la physique. Exemple: l’épiphénomène étant souvent l’accident, la pataphysique sera surtout la science du particulier, quoiqu’on dise qu’il n’y a de science que du général. Elle étudiera les lois qui régissent les exceptions...
Définition: la pataphysique est la science des solutions imaginaires, qui accorde symboliquement aux linéaments les propriétés des objets décrits par leur virtualité." 
Per la traduzione vi arrangiate. Tanto che ve ne frega della 'Patafisica?

La 'Patafisica ha l'obiettivo di studiare il particolare e le eccezioni che si affiancano alle teorie e ai metodi scientifici e spiegare l'universo supplementare a quello in cui viviamo. Tutto ciò condito da assurdo, ironia e nonsense.
Questo per sottolineare che il mondo ha infinite interpretazioni, e non ci si può accontentare di soluzioni univoche. No, questo mai. Anche perché, la verità è la più immaginaria delle definizioni.
E adesso concludo che mi è venuto mal di testa, stavo uscendo dai malesseri surrealisti, mi pareva di esser tornata alla razionalità ma mi sputa fuori.


Per approfondimenti:
È tutto, ora vado a casa, nonché affanculo! E analizzate l'evento con metodi 'patafisici, se questa fosse un'eccezione.
Vi saluto caramente.

martedì 5 ottobre 2010

Al ristorante giapponese

Ci serve una cameriera con minima conoscenza dell'italiano.

B.: "Bellino 'sto posto!" ditino che indica l'ambiente
Cameriera: faccia interrogativa e preoccupata
B.: "No, dicevo... Bello questo locale!"
Cameriera: faccia interrogativa e preoccupata
B.: "Il ristorante, bel ristorante, è bello il ristorante!"
Cameriera: faccia che si distende "Ahh glazie!" annuisce varie volte col capo, risatina asiatica (stavo a vede' che mi dicevano.)


Non comunicare mai a un cameriere qualcosa che non gli compete, come ad esempio un'opinione.

domenica 3 ottobre 2010

La Piazza

Conosco di vista alcuni abitanti della Piazza. Nelle pause in cui esco a fumare dall'androne dove passo le mie interminabili domeniche li vedo quando ormai lasciano le loro abitazioni, o quando rincasano.
Gli abitanti della Piazza sono gente tranquilla, silenziosa, tranne la famiglia del numero civico 1. È anche vero però che loro ci sono di rado, questa dev'essere una seconda casa, e credo abitino la maggior parte del tempo in un capoluogo di provincia non distante da qui. Sono una coppia di anziani, lei è laboriosa e vociona, abbastanza smilza e piccola di statura, il marito è alto e snello, di preferenza se ne sta a leggere il giornale su una sedia davanti al portone, per quello che vedo io. Altrimenti gioca con il nipotino, o meglio, bada che le macchine non lo investano. La coppia ha una figlia, sposata, il marito si fa questi bei week-end di paura dai suoceri, e hanno un bambino e una bambina piccoli. La bambina non la fanno uscire molto, ma si sente piangere dal primo piano, il fratellino invece scorrazza in Piazza, e quando c'è bel tempo porta la macchinina telecomandata e le fa fare gare lungo piste immaginarie accanto al nonno, che se ne sta in un canto a borbottare.
Accanto a questa famiglia vive una madre con la figlia. È una signora ancora piacente, che si dà arie da bottanazza e pare che la figlia stia sulla buona strada. Per quel che si può evincere è divorziata o giammai sposata: ma non si legga giudizio nelle mie parole. La signora è austera e se la crede un po', se mi vede fuori non mi saluta mai, al contrario della vecchina vicina di casa. Se ne va a passo di metronomo coi tacchi vertiginosi, decisamente un abbigliamento troppo audace per un paesello. La figlia va dalla mia stessa parrucchiera e a volte ce la trovo, col fidanzato di turno che si fa due palle così.
I vicini delle due donne sono come le stagioni: a rotazione. La casa è in affitto, e cambia di inquilini a una velocità impressionante, a cadenza perlopiù settimanale. Se ne vedono di tutti: americani, svedesi, italiani, tedeschi, turisti per caso che hanno scovato su internet il contatto dell'affittuario. D'inverno è disabitata.
Dal lato opposto della Piazza le mie conoscenze finiscono in un burrone. La casa dei dirimpettaj dei vecchietti è sempre vuota, c'è sempre un gran numero di gatti che ne infesta i dintorni. Infatti, vicino a questa casa fantasma - congetture di un'esterna - ci vive una signora inglese, una di queste ex-hippie che hanno fatto il '68 e ora danno da mangiare ai gatti e vivono in un posto tranquillo in Toscana. Il suo italiano è tuttora pessimo, e parla ai suoi animali in inglese, probabilmente gli unici interlocutori di cui disponga durante tutto il dì. Quando arriva lei, code sull'attenti: si mangia. Lei è secca scheletrica, ha un caschetto di capelli grigi e una scarsa parvenza di sanità mentale.
Poi c'è quella che sta nell'androne durante le sue interminabili domeniche, e esce fuori a fumare, a telefonare o fa insieme queste due attività. Non si può dire cosa succeda nell'androne, perché questo è il racconto di cosa succede fuori, in Piazza.

mercoledì 29 settembre 2010

Radio accese

Tra frammenti di tecniche
sotto prodigi incerti
un affanno continuo
radio accese 

Mutazioni possibili
progenitori falsi
un nodo nella gola
schermi accesi 

Come puttana fragile
in cerca di occasioni
so dove sta il delirio
e trema il cuore 

Trema per un non so
trema per un non so che si trova a volte a caso 

Ti guardo e non ti vedo
ti ascolto e non ti sento
non chiedermi di crederti
non lo farò 

Trema per un non so
trema per un non so che si trova a volte a caso



CCCP - Fedeli alla linea, And the radio plays


C'è chi mi ha detto che questo è il periodo del fermento, della volontà di raggiungere i propri obiettivi. Obiettivi. Rispondendo alle domande in voga "Cosa fai? Come va?" subito seguite da "Cosa farai dopo?" semplicemente con "Sono tranquilla, sono serena", ho ricevuto una faccia interdetta e una controbattuta: "Alla tua età non si può esser sereni, devi aver fretta di costruire la tua vita perché il tempo passa".

Quando si sta troppo tempo fermi davanti ai bivi, invece di valutare quale sia la strada giusta da percorrere per poi incamminarvisi come detta la logica, ci si congratula con sé stessi per averne alla fine almeno imboccata una.

In fin dei conti è il semplice movimento che ci sostiene, e non il punto di arrivo.
Ma non sono riuscita a spiegarmi. 
Anzi, non ho proprio aggiunto nient'altro, accettando di poter sbagliare, agli occhi degli altri.

martedì 28 settembre 2010

Io muojo per tè.

Mmm buono! Cos'è? Che odore, che sapore! Una delizia per le papille gustative!

Certo che il tè verde farà anche bene, avrà anche proprietà benefiche antiossidanti, ajuta il metabolismo, a eliminare le tossine e altre varie fricchettonate, ma sembra proprio di sorbire un decotto di pulezze*













* rape

domenica 26 settembre 2010

Ci vuol poco.

Basta poco per toglierti la tranquillità, la positività, la cordialità. Basta qualcuno di sgallettante e con le manie di potere, basta qualcuno che se la crede, basta che pensi che tutto gli sia dovuto e il mausoleo di sicurezza che con pazienza uno s'è costruito crolla - a causa di imbecilli. Così eh, in due secondi, una regressione totale e disarmante e ti risenti tredicenne.
Ora mi dico che è da imbecilli farsi turbare da un imbecille. Ma non qui, non ora, squilla il telefono e ti senti addosso colpe che non hai, devi fare favori per gente che detesti e arrivati a questo punto vorresti solo rovesciare tutto, andar via e buttarti da un ponte con un elastico.
Bene, l'imbecillità degli altri non mi compete, come non mi competono un mucchio di altre cose (che fra l'altro non mi competono per libera scelta o per contratto); farmi coinvolgere dagli imbecilli nel loro vischio di pochezza questo sì mi compete e non sapete quanto mi butti giù.
A forza di bocconi amari piccoli e grandi arriveremo a far la rivoluzione, daremo foco a tutto e chi s'è visto s'è visto.

Non è successo un granché, solo piccolissime manifestazioni mafiose dove l'ultimo della scala gerarchica deve sforare rispetto al suo dovere senza premio né ringraziamento, per mettere in luce il gallo del pollajo che del pollajo ha soprattutto il cervello di gallinaceo.

È tutto.

martedì 21 settembre 2010

Day slipper


Me ne esco 
Con eleganza dall'estate;
Per l'occasione ho messo
Le ciabatte attillate.



martedì 14 settembre 2010

Dedicato a tutti quelli che mi prendevano per il culo alle medie

Concordo appieno:
Studio meno ultimamente *
Ma il mio tempo, per lo meno
Lo impiego sì, ma diversamente.

Ho scovato, si fa per dire,
Due attività edificanti
Di cui ti andrò a disquisire
Qua con rime, ô, alternanti.

La prima, se ti manca,
Quel che serve già lo sai
Un computer, conto in banca
E PayPal casomai.
Non indovini? Lo dica lei!
Aste, proposte, offerte
Compravendite su eBay!!
Transazioni chiuse e aperte
Far negozio è assai bizzarro
L'importante è non incappar
In qualche specie di tamarro
Che ritarda nel pagar.

La seconda è ben più sana
Benefici ne ha a josa:
Vado a correr da più e più di una settimana
E ne vado assai orgogliosa.
Il perché è presto detto
All'inizio ero un po' stanca
Ma poi c'ho preso gusto, lo ammetto
E non serve il conto in banca.
Mi ha convinto la vicina
A praticar del movimento
La ringrazio assai, mischina!
Con un po' di allenamento
Il mio record ho superato
Oggi ho corso un'ora e cinque su e giù per la collina
Senza soste, né rompermi il fiato.

A presto dunque in biblioteca!
Un dì, già si sa
Cesseranno ahimé alla cieca
Le mie dolci attività.

* concetto relativo

mercoledì 8 settembre 2010

E poi stasera

Tim Curry
Al telefono.

Io: - "...e poi stasera si guarda il Rocky Horror Picture Show"
B.: - "Ancora??!!"
Io: - "Eh, pensa, la Y. non l'ha ancora visto! Ma perché scusa, l'hai visto te?"
B.: - "No"
Io: - "E allora?? Che vuoi?" 
B.: - "È che te lo dico sinceramente: ci hai scassato la minchia"

martedì 7 settembre 2010

Mah.

P. Klee, Wachstum der Nachtpflanzen (Crescita delle piante notturne), 1922
C'è chi è sordo perché si estranea.
C'è chi è cieco perché si opera.
C'è chi è muto perché pensa.
C'è chi è storpio perché è pigro.

Non avete anche voi a volte la sensazione di avere dei passatempi piuttosto che degli obiettivi?

[In attesa della mia telenovela.]

domenica 29 agosto 2010

Confidenze di un condannato


Copertina di J. Prévert e Brassaï
Perché mi hanno tagliato la testa?
Adesso sì che lo posso dire, tutto si cancella col tempo.
Era una cosa semplice, veramente.
Ero andato a passare la serata da degli amici ma c'era molta gente e mi annojavo. A quell'epoca ero un po' triste e mi veniva facilmente mal di testa.
Quell'atmosfera di festa mi irritava e mi stancava. Salutai e me ne andai. La padrona di casa mi avvisò che l'interruttore delle scale era guasto e che anche l'ascensore era in panne.
- Posso farle un po' di luce, aspetti.
- Luce, ma scherza, le dissi, sono come i gatti, io, ci vedo di notte.
- Sentite, disse ai suoi amici, è come i gatti, che meraviglia, ci vede di notte.
L'avevo detto come modo di dire, una battuta educata e che andava presa come di spirito, senza malizia.
Cominciavo a scendere a fatica i primi gradini della scala e le sbarrette di ottone del tappeto facevano un rumore curioso sotto i miei passi che strisciavano.

Ero in un'oscurità così nera che ebbi voglia all'inizio di risalire e chiamare. Rovistai innanzitutto nelle tasche, ma invano, niente fiammiferi.
Mi sedetti e riflettei, su cosa, non ricordo, aspettavo forse che qualcuno venisse in mio ajuto senza, ovviamente, sapere o intuire che avessi bisogno d'ajuto.
Rialzandomi a fatica e non trovando il corrimano, urtai con violenza contro un muro e cominciai a sanguinare dal naso.
Cercando nelle tasche un fazzoletto, misi finalmente mano a una scatola di fiammiferi con all'interno, purtroppo, un solo fiammifero.
Lo accesi con infinite precauzioni e, cercando un'altra volta il corrimano, scorsi come prima cosa in uno specchio, sul pianerottolo del piano dove mi ero fermato, il mio volto coperto di sangue.
E fu di nuovo bujo.
Ero sempre più disorientato.
All'improvviso, tendendo a caso, a tastoni, la mano, toccai un serpente che si mise a strisciare.
Bella serata. 
Quel serpente, era semplicemente il corrimano che per fortuna avevo ritrovato e che mi strisciava dolcemente sotto la mano che aveva appena asciugato il volto stupidamente insanguinato.
Mi venne allora da ridere: ero salvo.
E appena mi misi a scendere allegramente ma con prudenza, fui d'un tratto scaraventato a terra da qualcuno o qualcosa che, a tutta velocità, pure lui o lei, scendeva con una fiammella, senza dubbio quella di un accendino.
Rialzandomi un'altra volta, camminai di nuovo nel bujo, con le due mani avanti.
Quelle due mani incontrarono il muro ed il muro cedette.... Non era il muro ma una porta socchiusa.
All'improvviso musica e luce venivano dai piani superiori!
Sicuramente erano alcuni degli invitati che, a loro volta, scendevano accompagnati dalla padrona di casa, con una torcia in mano.
Veramente, non sapevo dove mettermi e non era un modo di dire; perciò, approfittando di quella porta per nascondermi, mi addentrai di qualche passo, quando d'un tratto, nella luce che aumentava, scoprii un corpo steso ai miei piedi.
Era il corpo di Antoinette.
Era là, supina, con gli occhi aperti, la gola pure.
Antoinette con la quale avevo vissuto tanto tempo e che, il mese prima, mi aveva abbandonato.
Antoinette che avevo supplicato, che avevo perfino minacciato.
Non potei trattenere un grido. Di terrore, quel grido e anche di stupore.
La padrona di casa, gli invitati si precipitano, porte che si aprono, altre luci subito si mescolano alle loro, portate da altri inquilini svestiti, terrorizzati e lividi.
Era già trascorso molto tempo da quando me ne ero andato ed ero lì, muto e coperto di sangue, sconvolto come nelle peggiori storie.
Vicino al corpo dell'amata perduta e - in quale stato - ritrovata, sul parquet, una lama riluceva come un pezzo di luna in un cielo stellato.
In ogni mano tremante si muoveva una luce.
Presenza inspiegabile oppure troppo evidente.
Immaginate l'immediato processo: il ricorso rifiutato, il goccetto offerto, il crocifisso da baciare e ancora come una luna, la mannaja d'acciajo.
Che volete, mettetevi al mio posto. Che potevo dire, che potevo raccontare? Avevo passato un quarto d'ora troppo brutto nelle cupe tenebre di quella scala buja e avevo avuto la folle imprudenza di affermare: ci vedo di notte, io, sono come i gatti.
Chi mi avrebbe creduto allora e senza ridermi in faccia?
Sì, ne sono sicuro, mi avrebbero riso in faccia per lunghi, troppo lunghi anni secondo me.
Ho preferito tacere piuttosto che esser coperto di ridicolo.

Jacques Prévert, "Confidences d'un condamné", in La Pluie et le Beau Temps, 1955

giovedì 19 agosto 2010

Lontana dagli occhi lontana dal cuore

Non scrivo da un po' perché non sento la necessità di lamentela, di critica, di riportare un'intuizione che non interessa a nessuno, né di inventare degli universi fittizi.

Un saluto ai lettori.

giovedì 5 agosto 2010

Libera nos Domine

Avevo promesso che non avrei mai più scritto di Jxxx-Jxxxxxx Rxxxxxxx, ma jeri, scusate, è successo una cosa che mi porta adesso a fare una confessione simile ad una che fa lui, il già quasicitato, nel presumibilmente secondo libro de Les Confessions (e questo s'era intuito. No?).
Mi spiego meglio. Jersera sono finita nella mia vecchia casella di posta Yahoo!, la prima che abbia aperto nella mia vita, e c'erano delle e-mail vecchissime!! Mi sono dilettata a rileggere i sedimenti di un passato di relazioni. O di un presente di relazioni, anche; c'erano messaggi di persone che non sento più, altre invece che si comunicava formalmente, gli argomenti si scostavano dal tempo di poco, e ora, abbiamo rafforzato il legame e sarebbe sciocco parlare in quel modo. Poi mi sono stupita che mancassero in blocco tutte quelle persone importanti per me adesso ma che ancora all'epoca non conoscevo. Insomma, un bella tranche-de-vie, non c'è che dire.

Veniamo a noi... Nella miriade di e-mails ho trovato anche quelle di un certo F. S. [censuro per privacy], periodo Erasmus (2006-07). Mi sono detta E mo chesto chi cazzu è?? Presto detto, aprendo i messaggi mi sono ricordata di botto chi fosse. Confesso di aver rimosso perché mi sono comportata da stronza. Più che altro, è una storia di orizzonti di attesa infranti.
Jxxx-Jxxxxxx Rxxxxxxx, mandato in seminario, si vuole liberare del maestro a cui è affidato. Il povero maestro in questione era epilettico; un giorno, vuoi perché le convulsioni di un seduttore del passato, vuoi perché il seminario gli tarpava le ali, Jxxx-Jxxxxxx Rxxxxxxx abbandona per la via scappando il povero maestro nel bel mezzo di un attacco, per poi non rivederlo mai più. I rimorsi lo attanagliano anche 40 anni dopo.
Il mio caso è più blando - ovviamente. Allora, c'è da dire che sono partita per la Francia in seguito ad una fase di innamoramento pesante per un certo F. (omonimo del mittente dell'e-mail), francese, conosciuto in Italia. Già il nome era una garanzia. Il mio amico dell'università mi parlò di questo tizio che voleva lezioni di italiano perché voleva andare in vacanza in Italia, e anche che gli mettessi per iscritto dei CD con esercizi. Pensai, scusate la franchezza, piatto ricco mi ci ficco, ora questo omonimo idealizzato all'ennesima potenza sarà mio, e sarà bello, bravo e intelligente (triade già usata da Das). In più, povera stolta, avevo detto che avrei fatto tutto a gratis (a gratis nel loro capo: F. sarebbe stato mio creditore, a
vita).
Organizzammo il tutto: il tizio invita a cena a me e al nostro amico in comune. Allora: se mi volevano fare una sorpresa c'erano riusciti. Il tizio viveva solo in una casa buja buja, sembrava gli si fossero rimpiccioliti gli occhi, un'età indefinibile, serata pesante, non sapevo che cacchio dire, lui porino bello bello non si può dire che fosse, interessante ancora meno. Insomma sarò indulgente con chi mi sono comportata male, potrà anche garba' a qualcuno, ma a me non mi garbava di certo, questo è poco ma sicuro. 
Insomma: quella storia doveva finire. Dovevo immediatamente ritornare a fare i cazzi miei, mi diceva incessante il cervello. Lui addirittura mi rinvitò a cena e io gli feci tipo i Laureati nella scena iniziale al ristorante, quella in cui gabbano il cameriere implicandolo in una finta rubabandiera su chi perde paga il conto e poi scappano tutti senza pagare, e l'ultimo rigira il vicolo e fa pure il gesto dell'ombrello.
Non potevo però non far nulla. Anche perché lui mi rompeva anche discretamente l'anima, perché poi feci l'errore di dare il numero di telefono. Gli sbobinai qualche traccia del CD che mi dette, e basta. Le sue mail sono di una tristezza incalzante. Cito:
"Scusa non voglio disturbarti ma il lavoro va avanti?" 
E io 
"Scusa sono molto impegnata con gli esami..." 
MOLTO IMPEGNATA CON GLI ESAMI?? MA SE NON FACEVO UN CAZZO! E anche: 
"Sai, da te dipendono le mie vacanze in Italia... A che punto sei?" 
Cosa?! Ma un sarà vero! 
Poi il tutto si attuò con la solita tattica ti cago un pochino ti cago di meno scusa c'ho da fare non ti cagherò mai più finché campo. E così è stato: non solo non ho accettato di rivederlo mai più, ma non gli ho neanche dato quello che gli avevo promesso. In fondo, dico dico ma poi quando faccio così mi sento in colpa, che m'hanno inculcato nel cervello che non è proprio il massimo del comportamento.
Secondo me, ora che ci rifletto, ed è sinceramente la prima volta che lo faccio per questa faccenda, era tutta una stronzata... Mado' ti fai il CD per andare in vacanza? Lo sai quanti turisti francesi avrò visto jeri al museo? Almeno 20, non scherzo, tutti perfettamente sani e tutti perfettamente ignari della più piccola nozione dell'italiano. Ora, non vorrei che lui fosse uscito da un periodo di innamoramento pesante per una certa C. italiana, perché guarda, io di sicuro il tuo orizzonte di attesa non l'ho infranto. E ora me la prendo col mio amico francese che non ha obiettato sul fatto che lo facessi a gratis, date le fauci del soggetto in cui mi stava spingendo.
Insomma, in comune con la storia di Jxxx-Jxxxxxx Rxxxxxxx c'è l'abbandono, il maestro (ma nella mia i ruoli si invertono), la fuga repentina, lo stare ad ammorbare la gente con i propri cazzi senza poi dir molto durante un'infinità di tempo.

martedì 3 agosto 2010

Todesfuge

Creerò suspense:
Zin 
zin 
zin 
zin 


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AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH! 
Mi presento, 1m67, naso in bianco e nero, laurea spero per ora triennale in lingue, nel tempo libero assassina onirica.


Sono basita, spaventata, delusa, ma anche devo dire compiaciuta, lusingata, ecc. ecc.
Perché, sembrerà strano, ma appajo continuamente nei sogni dei miei amici in veste di assassina.
Psycho, A. Hitchcock, 1960
Tutto è cominciato quando più di una notte sono apparsa, con occhi sadici e coltello al seguito - e poi un'altra notte ho anche strangolato se non ricordo male - nei sogni di una stessa persona che mi ha detto esser rimasta molto male perché la uccidevo; qualche giorno fa è saltato fuori che un'altra mi aveva sognata uccidere un nostro amico e - attenzione - mi ero sbarazzata del cadavere gettando i poveri resti nelle fogne! (Io che, figurati, non farei male a una Москвa, che al massimo ti tiro una frecciata e finisce lì). E tutto questo senza che le persone coinvolte si fossero consultate, potendo così influenzare a vicenda la propria attività onirica. La coincidenza inquietante è stata una telefonata col racconto di questo sogno in seguito ad una cena in cui l'argomento principale della conversazione era stato:


"Film e libri dell'orrore: quanto è business, quanto è perversione degli autori? Chi può seriamente occuparsi di questi argomenti andando a scavare ciò che più spaventa?"


Mi sono detta che era giunta l'ora di dare anche sommariamente un'interpretazione al fenomeno.

A proposito di sognare la morte, ho trovato girando qua e là alcune teorie e studii anche di dubbia provenienza, che forse a tratti sono un po' spicci, ma, insomma, vertevano più o meno tutte nello stesso senso. Accontentiamoci di quel che passa il convento, cito uno stralcio riassuntivo:
"Sognare la morte non rappresenta una premonizione ma un’evoluzione psicologica della persona che sogna, una trasformazione in corso. Qualsiasi visione evocante la morte è indicativa di grande trasformazione della propria esistenza. Sognare la morte significa la soluzione dei propri problemi, una guarigione oppure fonte di fortuna. Sognare, per esempio la propria morte simboleggia una grande trasformazione positiva e lascerà il passato dietro di lei."
[da Roma Explorer]
Mi sono detta che in fondo essere l'artefice di un cambiamento positivo, e il simbolo della fonte di fortuna della gente è un privilegio non da poco. Che rasenta la sfiga, ovviamente.
Grazie a tutti.

Il punto è: perché i miei amici sognano sempre me e non qualcun altro? È vero che sono sempre di appoggio per ognuno indistintamente - se mi gira -, che dò sorrisi e consigli, che calmo gli animi il più delle volte e non chiedo niente in cambio, o almeno così mi pare, ma sai, anche il compito di ammazzare nei sogni degli altri per fare qualcosa di buono, questo, perdio! no. 
Volevo dire, la prossima volta optate per un suicidio; e il mio politically scorrect in questa affermazione è così grande, che è piccolo in realtà perché l'argomento è abusato - quindi è una cacatina nell'universo delle idee -, ma anche per via della gag stessa del politically scorrect, perfavore.


Poi sai, dopo che abbiamo parlato di queste apparizioni da serial killer nei sogni mi hanno anche detto: 
Tu sei calma, equilibrata... Poi sotto sotto sei proprio una stronza. Esciopiacere.

domenica 1 agosto 2010

Il mese più freddo dell'anno

Solo un mese all'anno si può apprezzare appieno questa canzone, e questo mese inizia oggi.
Buon ascolto.



Fra l'altro è anche un cortometraggio animato molto ghighi, di Sylvain Vincendeau.

martedì 27 luglio 2010

Ognun per sé

L'Italia è più moderna, è più europea! Non grazie a qualche trattato, ci sono dei segni più sotterranei. Anche stavolta i cambiamenti vengono dal popolo, che cambia il mondo, e non il contrario.

Soffermiamoci brevemente a considerare il soggetto parlante in due lingue come l'inglese e il francese. 
In inglese non esiste il congiuntivo, tempo verbale del dubbio; in francese dopo un verbo di stima (pensare, ritenere, credere) l'uso del congiuntivo non è permesso. "Je pense que tu es beau": penso che sei bello, punto, non che sei bello ora poi forse rettifico. Quindi chi enuncia un pensiero non può aver dubbi sulla credibilità dello stesso. In italiano no, ciò che si pensa è continuamente messo in discussione. In italiano si dice "Penso che tu sia bello", poi magari per un altro no, bisogna pur sempre sentire che ne pensa il mio superiore, non posso realmente esprimere il mio pensiero. C'è sempre da render conto a qualcuno.

Il soggetto italiano però al giorno d'oggi è più sicuro di sé. Ne è una prova l'affievolirsi dell'uso del congiuntivo (ma non scomparirà mai, di questo io ne sono certa). 
E anche, visto che l'ho citato, troviamo lo stesso fenomeno nel pronome "sé": al tempo di Leopardi era un errore scriverlo senza accento, successivamente per disambiguarlo dalla congiunzione dell'ipotetica "se", l'uso dell'accento è diventato obbligatorio (a parte i casi di se stesso e se medesimo; ad ogni modo è più elegante accentare anche in questi due casi). 

Quindi l'io dell'italico parlante è considerato al giorno d'oggi più integro, più lontano dall'ipotesi e di conseguenza in una condizione di affermazione più categorica, pronto a lanciarsi in un mondo di pragmatici.

Poi è anche vero che quelli che usano poco il congiuntivo scrivono anche "pensare per se", quindi è tutto dire.

sabato 24 luglio 2010

venerdì 23 luglio 2010

Horror vacui

www.etimo.it

Fino a poco tempo fa si parlava solo del tempo. Ora invece si impone anche l'inflazionatissima domanda  "Allora, dove vai / cosa fai per queste vacanze?". 
A parte il fatto che trovare un'occupazione per le vacanze annulla istantaneamente il significato intrinseco delle stesse ma poi perfavore, il mare. Perché si dà per scontato che si debba andare al mare. Per un giorno o due ci può anche stare, e rispetto chi è nato sulla costa e vede i cavalloni come degli amici di infanzia. Ma io, ho forse occupato il tempo di un anno intero per andare finalmente a insabbiarmi le chiappe per quindici giorni? E poi chi lo dice che l'interlocutore sia completamente libero.
Questa frenesia del mare mi sfianca; i prezzi sono altissimi, la gente è tutta lì, con un piede nella sabbia e l'altro sull'autostrada, pronta a tornare a casa per raccontare il racconto delle vacanze, aspettando il momento del paragone dell'avambraccio in un malefico tan contest, che chi è più abbronzato diventerà il cane alfa del branco.

L'estate è un periodo dell'anno come un altro, con la differenza che si suda come i suini, vediamo di semplificare le cose.