Che palle, volevo scrivere una cosa che mi preme ma non riesco a parole, dovrei fare un disegno. Perché il contorno c'è tutto, non riesco ad esprimere la parte centrale. Potrei fare un disegno con le parole intorno.
Comunque, diceva una cosa tipo così:
Sipario, teatrino, ridicolezza, prendo il taccuino della Ginja de Portugal e l'Aurora, cancellerie delle grandi occasioni di tête-à-tête con la mia ridicolezza e provo a scriver lì ma niente da fare, escono solo schemi e frecce che hanno senso per sé stesse ma non in un discorso organico e sintatticamente ordinato, allora è finita.
C'è un momento nella vita che si ripete giorno per giorno in cui il sipario si apre su questo teatrino ed uno si sente effettivamente ridicolo perché ha esternato ciò che ha dentro, ossia [parte mancante che necessita di disegno], tutte cose che portano in sé la propria giustificazione cit. Breton e 'sti cazzi; però c'è da ricordare il grave dramma della paura della derisione e infine, volevo solo dire che non ci si deve vergognare di quello che si prova.
E se non avete capito allora mi sono spiegata bene.
E mi è anche venuto in mente che Breton stesso, quando ha scritto:
Il me paraît que tout acte porte en lui-même sa justification - (Manifeste du Surréalisme, 1924)
beh si è trovato nella mia stessa situazione, anzi, io mi sono trovato nella sua, io qui posso sparar cazzate, creare nuovi tipi di sintassi, cercare di stupire con scarso effetto i miei 3 lettori a dirla grassa del venerdì mattina e mettere delle parentesi quadre dicendo che manca un disegno, lui invece stava scrivendo un manifesto, che un minimo di serietà di forma ce lo deve avere. Ed effettivamente o fai un disegno o dici questa cosa.
© Trovata qui: http://noe.falzon.free.fr è ciò che più si avvicina a quello che aveva in mente. |
1 commento:
Mi sono appena ricordata che abbiamo scritto il Manifesto del Ding un po' per lo stesso motivo.
Posta un commento