mercoledì 31 agosto 2011

Dix heures di infamate

E poi mi fa ridere Deezer che ora se ne esce dicendo

Deezer's music services are not yet available in your country.


Ma quale not yet? Ma siete di fori? Siete bischeri? Mi state prendendo per il culo? Dite piuttosto, per una certa integrità morale che evidentemente non vi appartiene are not available ANYMORE

E poi sai che?! Ultimamente facevate pure schifo che da qui non si trovava più niente da ascoltare, giusto le basi del karaoke o qualche cover fatta coi piedi; poi avete messo il servizio a pagamento e a sto punto vi dico 
ANDATE E SPENDETE I VOSTRI SOLDI COME VI PARE



martedì 30 agosto 2011

Accattatevill'

Stavo sognando di essere al mercato; irrompe mia madre in camera per dirmi che stava uscendo di casa.
"C., io vado allora. Quando ti alzi?"
"Uhm... Ma io quel pesce... Non sono mica tanto esperta a cucinarlo"
"C., ma che pesce. Per pranzo oggi c'è la pasta al pesto."

lunedì 22 agosto 2011

Talismani


Proprio mentre pensavo in macchina che stessi tornando là dove giace ancora in quel sacchetto rosso La collana della sfiga™,  mi attraversa la strada un gatto nero. Svento l'incidente a un incrocio, poi parcheggio e incontro un canino bianco con una toppa marrone all'occhio destro, che trotterella, con la coda a pennacchio che segue a bandoliera i suoi movimenti zonzanti da un marciapiede all'altro. Ho pensato che fosse una specie di compensazione, un paladino o angelo custode in vesti canine venuto a salvarmi dalla dose di sfiga che cercavo mio malgrado di somministrarmi... Ma forse è solo ora di smetterla di fare giochi fantasy fino alle due e mezza di notte


E se pensate che io realmente creda alla sfiga siete fuori strada (anche perché probabilmente, vi avrà attraversato un gatto nero al momento opportuno)

E se pensate che con questo finale in cui dico una cazzata peraltro manco tanto divertente la quale invece ahimè paradossalmente conferma che io credo realmente nella sfiga siete fuori strada

domenica 21 agosto 2011

Uno o più mbuti

Nel disperato tentativo di installare Ubuntu in un vecchio computer da chiave USB - pardon, da memoria della macchina fotografica, vabbè che via, la sostanza non cambia.
Non mancano mai le occasioni per ricordarci quanto in realtà non si capisce una sega. E più pensiamo di capirci e più in realtà non ci si capisce una sega. O forse è il fallimento  in qualcosa che pensavamo di capire che si staglia ancor più dirompente e ci ricorda quanto non si capisce una sega. 
Calcolatore dei miei cogliombeli tu sei solo una macchina, io ti domino e non il contrario, sei stato creato da un essere umano esattamente uguale a me ma magari coi capelli diversi, perché dopo anni che sto dietro a quelli come te, scruto, scovo tutte le tue finestre a scomparsa, conosco i tasti e le scorciatoje di tastiera, perché ora non mi dai retta? 
Sei vecchio - per questo ti voglio dare una ringiovanita - ma non hai la mia età, posso comunque compiere atti di nonnismo su di te. Ma che fai come i cani che per ogni anno di vita ne sono 7 umani e ora tu pretenderesti di fare il bullo e mi ti rivolti contro?
Non mi dire che devo cambiarmi i capelli.

martedì 16 agosto 2011

In senso lato

Ogni volta le parole non sono mai definitive, ma valgono solo per il momento in sé. Ogni secondo vissuto ci cambia progressivamente, non si migliora, né si peggiora, si muta. Siamo d'accordo? Prendiamo come fatto quello che le parole che diciamo (lasciando stare qui il come) ci rappresentano. Non si rettificano le affermazioni di volta in volta, seppur procurandoci a volte numerose sofferenze, per risultare più integri con sé stessi e agli occhi degli altri. Ma nessuno è realmente integro, soprattutto verso se stessi o meglio, crediamo di conoscere persone integre pur non sentendoci mai tali. Ma anche noi possiamo risultare integri dall'esterno, a seconda di cosa manifestiamo. Intanto però ci chiediamo continuamente che cosa ci faccia cambiare idea così velocemente sulle persone, sui luoghi. Ogni volta è una sconfitta, pare di non arrivare mai a conoscersi veramente. Quindi figuriamoci in una conversazione, senza voci interiori ma solo esteriori, regolate in suoni e significati restrittivi.
A volte aggiungere verità su verità, seguendo i moti di ciò che vale in ogni singolo momento può fare confusione, può far soffrire, può, in sostanza, rivelare la nostra assenza di integrità, rovinando magari con sorpresa un'immagine costruita anche inconsapevolmente.
Il buon conversatore è proprio colui che tiene conto di questo aspetto della natura umana, colui, ovvero, che rispetta e accetta una certa scomposizione della personalità, che prende per buona la sincerità e non la verità, intesa come concezione granitica e manichea di una questione. E questo lo fa anche il buon amico - senza sfociare nelle offese, però. Gli amici non sono le pattumiere delle nostre sfumature più difettose.

È necessario sentirsi dire delle verità che riterremo tali dagli altri, leggi supreme su un qualsiasi ipotetico punto di vista, vero  da chi le ha enunciate in quel preciso momento, fra dieci secondi no. Ma spesso non vogliamo saperlo, per conservare un'immagine armonica del mondo e di chi ci circonda. Allo stesso modo, a domanda rispondiamo, poi probabilmente cambia tutto nel giro di poco tempo, ma vogliamo lasciare una certa versione dei fatti, ché abbiamo bisogno di pali, colonne, fili spinati per contenerci dentro un certo status di "civili" (mentre gli "incivili" non ponderano, sputano sentenze e opinioni quando vengono loro in mente, sovraesponendo stupidamente una sincerità inesistente,  che non è se una pochezza, sintomo di animalità psicologica). I nostri interlocutori si comportano allo stesso modo, non possiamo mai realmente sapere cosa pensino, al massimo lo si può intuire - e menomale. Non si può, secondo me, fare sempre affidamento alle affermazioni, anche se è tutto ciò che abbiamo. Bisognerebbe dimenticare le affermazioni, anche se è tutto ciò che abbiamo.

Facciamo passare per verità assoluta delle parole mutevoli, a volte falsate, tentando di prescriversi degli ordini, per vivere meglio, per sentirsi meglio nella società. Per viverci più facilmente: meglio avere a che fare con dei muri che con tante pozze di palline impazzite. Non c'è poesia in questa immagine, come non c'è poesia nel non sapersi immedesimare nei cambiamenti degli altri, né nei propri. Le parole che si ascoltano e si dicono sono ad ogni modo sincere in quanto costituiscono una verità momentanea - ma non assoluta. La verità assoluta risiede nella fallacità della verità assoluta stessa, perché non è una, o meglio, è una ma ha l'aspetto di un caleidoscopio che tende all'infinito e che scompare man mano, perdendo o accentuando dei colori che assume lungo la propria esistenza.
L'importante, in tutto ciò, è averne almeno coscienza. Bisogna  poi vedere se si preferisce la sincerità sporadica o la verità che ci viene data in pasto - fra le mille omissioni.

Parole sincere.

lunedì 15 agosto 2011

domenica 7 agosto 2011

Ai vecchini

Quanto sono bellini i vecchini, uno sbocciare di sghigaggine e di perduta giovinezza. 
Coi nasi appuntiti e gli occhietti furbi, la camminata incerta e quei capelli, tutti dello stesso colore, vanità andata persa. 
I vecchini sanno regalare le cose col cuore, le danno come un testamento fatto un po' alla volta. 
Ai vecchini si riservano le mansioni semplici, da fare da seduti, sapendo che sanno che lasciarli con le mani in mano sarebbe un profondo dispiacere.
I vecchini parlano perlopiù del passato, o del futuro degli altri, hanno le pupille piene di ricordi mentre guardano un posto dove hanno vissuto tanto tempo fa, quando il mondo era diverso e lo erano anche loro.
Ci sono dei vecchini che si sono rotti la schiena per tutta la vita a lavorare a testa bassa, e la loro semplicità sprigiona una bontà, una saggezza e una generosità che non si imparano dall'esempio.
Temo il giorno in cui certi vecchini se ne andranno, ogni gesto sembra evocarlo, ed è per questo che guardando certi vecchini mi si stringe il cuore, e penso che non riuscirò mai a dimostrare loro tutto il mio affetto e la mia gratitudine. 
Forse ci riuscirò con uno sguardo quando sarò anch'io una vecchina, ma per allora sarà troppo tardi.

giovedì 4 agosto 2011

L'incredibile storia di uno che non conoscevo

Vedi bellino lui
"Evariste Galois morì a ventunanni e fu uno dei maggiori matematici dell'epoca moderna. Probabilmente visse disperato. Quando tentò di entrare nell'isola dei beati, l'Ecole Polytechnique (il sogno per un ragazzino preso dai numeri e dal gioco delle equazioni), fu respinto per ben due volte - pare perché i professori che lo esaminavano non riuscivano a capirlo. Qualcuno dice che fosse il suo stesso entusiasmo a confonderlo: smarriva la chiarezza dell'eloquio. Sta di fatto che dopo essersi piegato alla minore Ecole Normale (uno smacco per Evariste) fu preso dagli astratti furori della rivoluzione (ed era il 1830, la cacciata di Carlo X, la Repubblica, l'arrivo proditorio di Luigi Filippo). Ne venne quello che sempre accade alle anime sublimi: pagò anche per gli altri. Venne cacciato dalla scuola perché, repubblicano, si era preso l'impudenza di attaccare il Direttore dell'Ecole Normale - lui sì troppo burocrate e prudente, se non vile dinanzi agli eventi del tempo. Evariste fu arrestato due volte per motivi politici. Passò in carcere il maggior tempo dell'ultimo anno e mezzo di vita.
Ritratto di Poisson all'età di 42 anni
Nel 1829, a diciottanni, presenta all'Académie des Sciences un doppio lavoro sulla risolubilità delle equazioni. Ma Cauchy, altro esimio matematico, chissà come lo perse. Un anno dopo, sempre per l'Académie, Evariste riscrive tutto, con destinatario questa volta il segretario Fourier, che però da lì a poco muore. Anche questo lavoro andrà smarrito. Sembra un charma [sic], una fattura che non recede. Nel '31 (e siamo ormai alla fine), su suggerimento dello stesso Poisson, che è relatore all'Académie, propone una nuova sintesi, Sur les conditions de résolubilité des équations par radicaux. Ma com'è il mondo e cosa non fanno gli amici! Poisson gli risponde piccato che lo studio è incomprensibile e che va rifatto: insomma, che lui non intende impegnarsi come si dice in questi casi con macabra gentilezza. Galois, per quasi tutto il '32 è in carcere. Un fallito, un sognatore; forse un disadattato. Alla fine esce. Poi, per le solite ottocentesche questioni di onore e di operetta, di guanti sfoderati e subito calzati con uno strappo nella nebbia torva dell'aurora, si ritrova coinvolto in un duello da cui (e lo sa bene) non potrà salvarsi. Quel 28 maggio deve essere stato un giorno ghiacciato, un'ora demente e paralitica, così come vuole il copione. Evariste, il sognatore dell'algebra moderna, verrà ferito gravemente. Due giorni dopo, il 31 maggio 1832, muore.
[…] Galois è un condannato. Percepisce la clessidra, il soffio dei grani che cadono. Scrive, annota, prende appena può le scorciatoie: deve sbrigarsi. Con un inchiostro trasparente ma indelebile stringe sotto le sillabe, lungo i fili delle x o di un geroglifico di radici quadrate, qualcosa che urla come un gabbiano smarrito - e che ovunque è l'identità della giovinezza al morire. Nella trasparenza del blu di Prussia, quasi fosse un ultimo sogno vangoghiano, scorre alla fine latente quella frase minuta e penosa (un soffio di respiro calmo nell'orecchio) "non ho tempo, non ho più tempo per questi calcoli… ma, credetemi, è tutto vero"."


Tratto e scritto con estrema enfasi da Arnaldo Colasanti ne L'ultima notte della vita

martedì 2 agosto 2011

Emmobbasta

Non sopporto più Parigi, la sua menzogna. Come una bella persona che dici Ah però poi alla fin fine delude. Nel mio capo è diventata piccola e decadente. Le sue teste scapigliate e le camminate con finta aria indifferente. Machiticaca. Lo stile sbottonato e mormorante di caffè brulicanti di topi. I bambini bobos e tutti sti dandy e sti alternativi che non sanno più come farsi notare che ci hanno veramente stramazzato i coglioni.


-------------------------------------------- Ritorno

Superato lo shock dell'appiccicume e dell'immondizia, guardando il sole ho avuto la sensazione di respirare la luce e m'è venuto da piangere, ma non l'ho fatto