lunedì 31 maggio 2010

Academic sadness.

Già i funerali non sono l'evento più allegro che possa capitare - ma poi
Quando ormai arrivati al cimitero quelle persone venute per conformismo passano di fretta a salutare perché se ne vogliono andar via il prima possibile ti stringono la mano e ti dicono "Condoglianze...ma ti sei laureata?"
[…]

Vabbè, non aggiungo altro.

sabato 22 maggio 2010

Patience Door (Porta Pazienza)

Sono convinta che la pazienza si possa allenare. Credo fermamente che sia ben poco il merito del carattere, giusto una punta. Il resto è influenzato dagli obblighi quotidiani, dai luoghi che si frequentano e dallo stile di vita, che modulano la personale capacità di sopportazione. Tutto sommato essi cambiano anche il nostro carattere, che diventa così più o meno paziente. Quindi la pazienza è una questione di abitudine. Esistono persone in grado di attendere per un'infinità di tempo senza perdere le staffe, né scoraggiarsi. 
Ci sono delle attività, come ad esempio il mio lavoro, che consistono in una continua attesa, ajutando ad estendere la percezione temporale, a non volere tutto subito, a diventar capaci di resitere e riflettere e di avere l'impressione che le ore a disposizione siano infinite. Senza per questo sentirsi impazzire. Persone, in poche parole che non si lasciano spaventare a morte dalla ripetitività, che preferiscono la quiete in ogni cosa. E lo posso affermare con sicurezza perché è capitato che mi venisse a trovare qualcuno: pur non essendo solo, dopo due ore non reggeva più e si chiedeva come facessi a resistere così tanto tempo nella quasi totale solitudine, in attesa. Semplice: basta aspettare, prima o poi finisce. Che ci vuole? La fantasticheria, il trastullo, la tranquillità sono le armi che vengono in soccorso. Per questo non mi spaventa una coda, l'attesa di una risposta, e sono abilissima nel rimandare le azioni, e a tenere a bada l'impulsività. 
Il problema si presenta quando ci vuole un'azione precisa, pronta, lucida; quando c'è da incalzare e stringere i denti per raggiungere un obiettivo. Lì no, si fa acqua, e la persona paziente si avvilisce della propria stessa pazienza. E il paradosso è che riesce a sopportarla pazientemente.

venerdì 21 maggio 2010

I vecchi e i giovani

Ho deciso che da domani sull'autobus cederò il mio posto solo a chi ha i capelli bianchi, e non a chi se li tinge.
Perché (oltre che quello del parrucchiere) chi vuol sembrare giovane e non accetta la propria decadenza deve ovviamente pagare un prezzo.

mercoledì 12 maggio 2010

Je me range, je m'arrange.

È normale sentire a tutto tondo di perdere la propria funzionalità nel mondo? No anzi, non è una domanda, qui lo scrivo, e tolgo pure il punto interrogativo. È un'affermazione, sì sì, asserente assai, chi non lo prova o ha una funzionalità che lo acceca o è un cretino, o semplicemente non se l'è chiesto mai. 
Che forza inerte ci spinge ad andare avanti, a gustarsi i momenti, tanti, in cui ci si dimentica di voler trovare una propria funzione, ad aspettare una telefonata, a preparare la colazione? Qui sì, lo posso lasciare, e ognuno si dà le risposte che lo possono riguardare. Tendi l'orecchio: ci dovrebbe essere una voce che consiglia, una voce o qualcosa che comunque le somiglia. Finora a me ha consigliato, non si sa se bene o male; ad ogni modo ci son finita solo una volta all'ospedale.
Poi beh, c'è da far coerenza e sistemare dentro, fuori, a lato... Andrebbe chiamata un'impresa di traslochi, che renda tutto ordinato. Poi ci si dice che pian piano uno ce la fa anche con le proprie mani. E si risparmia pure, che di 'sti tempi non si può mica fare i sultani.



Il divario fra realtà e immaginazione
È lo stesso che separa il torto e la ragione.

martedì 11 maggio 2010

venerdì 7 maggio 2010


Ci si risveglia ancora in questo corpo attuale, su una campagna sotto la pioggia e giornata ripetitive.
Ero convinta che passare tanto tempo ferma a casa mi avrebbe dato un sacco di ispirazione. E invece niente: è proprio il contrario. Non succede nulla, nulla di nulla: l'illusione migliore di qualche giorno fa è stato aspettare impaziente che i miei tornassero dalla Coop per vedere cosa avessero comprato. 
Se non succede nulla, non c'è nulla da raccontare. A parte fatti che voglio tenere per me, per ovvie ragioni. Ché a volte i racconti cancellano le sensazioni originali, le stemperano, ne sfrangiano i contorni. Alla fine si prova solo quello che si racconta, perché esterno, falsato. Come un golf di lana paragonato a una pecora. Bellino, ma inerte. La pecora invece bela, con la sua lanina attaccata addosso.

L'obiezione potrebbe essere: Ma se non hai niente da scrivere, cosa scrivi a fare? 
A domanda rispondo: Già è tanto che uno si contenga nel parlare a sproposito. E forse non riesco a fare manco quello.