giovedì 29 aprile 2010

Gei Gei

Vorrei spezzare una lancia in favore di Jean-Jacques Rousseau, nonostante tutto. Lo so, sto un po' ammorbando tutti raccontando di questo personaggio (l'episodio della sua vita che preferisco è quando prende l'abito armeno, tunica e cappello di pelliccia, e meriterebbe lui solo un post), ma in fin dei conti non lo sto facendo manco poi tanto, dai. Insomma, con André Breton vi era andata molto peggio. Purtroppo o per fortuna ho la tendenza a finire col credere di conoscere di persona chi studio per l'università, insomma dopo un po' di tempo queste genti diventano qualcuno di famiglia, mica riesco a dividere l'ambito studio e vita privata. Altrimenti non avrebbe senso per me leggere Les Confessions di Rousseau: che cazzo me ne fregherebbe se non fosse per fare un piacere a qualcuno che conosco? Tipo un cugino che ti dice leggi e dimmi che ne pensi. Magari poi mi viene da appoggiare anche qualche sua posizione.

Potete trovare tante biografie su internet, ma sentite a me, che vi dò i dati essenziali. Per chi non lo sapesse, Jean-Jacques (1712-1778), nato sotto il segno del Cancro, ha passato la sua vita a cercare la società e i salotti e allo stesso tempo a ritirarsi a mo' di eremita sparendo dalla circolazione. Poi però mentre era via si chiedeva cosa stessero tramando alle sue spalle. E ha passato un'intera vita a spiegare a quelli dei salotti buoni perché si ritirasse. Un ottimo motivo era pure un serio problema alle vie urinarie che lo costringeva a mingere continuamente. Scusi Madame de Luxembourg, vado un attimo a fare pipì poi torno e se ne parla. Vicino alla natura, amante di pane e formaggio e dei pasti frugali in genere, fosse vissuto ai nostri giorni si sarebbe iscritto al CAI.
Personaggio paranoico e contraddittorio, ha scritto un trattato sull'educazione e abbandonato 5 figli all'orfanotrofio. Con manie di persecuzione, aveva paura che gli sottraessero perfino la lista della spesa e vedeva l'occhio di Sauron che lo fissava dovunque andasse. Lui stesso ammette di avere più paura dei suoi mali immaginari che di quelli veri. L'immaginazione è stato ciò che lo ha reso felice e allo stesso tempo disgraziato.


Andare in biblioteca e leggere le sue paranoje non è divertente; e fino a un certo punto de Les Confessions mi riconoscevo appieno nel suo carattere, a tratti sembrava parlasse proprio di me, e l'avevo preso in simpatia. Poi no, ha degenerato e avrei voluto prenderlo a sberle. Ma come si fa. E con che dovizia di particolari! Non viveva tranquillo un secondo. Uno sguardo di sbieco o una voce sentita faceva istantaneamente crescere la lista dei suoi nemici.

Però poretto: ha tutto sommato avuto una vita di m****, e l'impresa di confessare a tutti quello che uno normalmente si tiene per sé finché campa non è da tutti, riuscire a sovrastare i propri segreti non è mica facilissimo. Per giustificare il suo carattere di fronte ai presunti nemici che lo volevano far fuori, certo, una sorta di rivalsa. Rivalsa postuma, ché Le Confessioni dovevano uscire dopo la sua morte, e questo è un punto a suo favore. Quindi immagino quanta applicazione per spiegarsi proprio bene bene bene.

Era pure lui, in un certo senso, un Dinghiano, che conosceva la verità del suo penZiero e tutti gli altri non c'avevano capito nulla. Ed è per questo, che, in fondo, lo capisco per davvero.

Che a noi dei suoi segreti e colpe da espiare ce ne importi qualcosa quello è un altro discorso, è l'idea che resta comunque affascinante. 

E ora caro mio ti torno a studiare, ti analizzo, ti giudico. D'altronde ti ci sei messo tu stesso nella pubblica piazza, non ti lamentare, JJ.

Che tu riposi in pace, tormentato dalla tomba di Voltaire di fianco a te: che sfiga.

domenica 25 aprile 2010

Manifesteggiamo

- Cioè ma cos'è, perché l'avete fatto
- Non te lo so spiegare, lo devi leggere [se ce la fai].

La scimmietta di Vidual: lei sa già tutto di quanto scritto.

Dopo quasi due anni il ns. Manifesto è finalmente in linea, e mi sento riavere.

martedì 13 aprile 2010

13 aprile

Lo sai che oggi è il compleanno di mio padre
E io gli ho solo fatto una telefonata
Mio padre, meglio conosciuto come "il mi' babbo"
È stato lui principalmente che mi ha educata
Mia madre dopo le sei, e negli anni a venire, la nonna d'estate
È stato lui a preservarmi dai traumi
A comprarmi l'ovino Kinder e i Topolini
A darmi il senso dell'umorismo e quello del giudizio
A esser delicata con le persone, a saper stare da sola
Il mi' babbo mi ha portato sulla Moto Guzzi 350, ora parcheggiata
Il mi' babbo, che ha lavorato una mezza vita sotto casa
Che mi ha dato la sua stessa risata.

domenica 11 aprile 2010

[…] vous faites, ils font.

© Matt Robinson
No, non si usa un font a caso. Usare un font a caso è come scrivere coi piedi. Se la calligrafia esprime la personalità per mezzi perlopiù inconsci, la scelta di un font nella videoscrittura è un carattere che l'autore applica si spera in maniera più o meno consapevole. Ed è in fin dei conti un modo per recitare.

Mi rincresce non conoscere la storia dei font tanto accuratamente come vorrei. E avrei bisogno di qualcuno che me la spiegasse, che mi appassionasse a dovere, che già le basi ci sono. Su Wikipedia esistono lunghe descrizioni barbose che col cavolo finisco di leggere. 
So comunque, ho letto almeno, che ci sono nel mondo dei maniaci del font che sanno smascherare errori nei lungometraggi (noi profani ci limitiamo all'orologio al braccio del gladiatore), errori di scritte, insegne, nei film di ambientazione storica. Caratteri inventati dopo il periodo in questione, anacronismi tipografici.

Un font è una firma, un riconoscimento. Ogni casa editrice ne usa uno diverso, per distinguersi. La Feltrinelli usa il Century, la Penguin il Gill Sans, le edizioni Pléiade della Gallimard il Garamond e la Einaudi l'Einaudi Garamond. Un font su misura. La Einaudi inoltre ha fatto la scelta editoriale di mettere l'accento acuto sulla i (í) e sulla u (ú), quando in italiano dovrebbero essere gravi (ì e ù), per vezzo. A loro si perdona. Cosí durante la lettura si intuisce una singolarità che è perlopiú difficile da individuare, anche se ce l'hai sotto il naso.

Blogger non offre tanti font, e che peccato. Si fa con quello che passa il convento. C'è il Georgia, che è quello che sto usando adesso, l'Arial, che poco sopporto, il Courier che fa tanto signora Fletcher, l'Helvetica, il Times che è troppo serio, il Trebuchet che mi fa inciampare, e il Verdana che è un po' troppo camuso.
Questi ci sono e questi tocca usare.

Ecco qua, contenti, ho scritto un post sui font, chissà che il prossimo non sia sulle stilografiche, solo però dopo aver chiamato il mio avvocato d'ufficio.

domenica 4 aprile 2010

Le belle serate

Bella serata ieri, nevvero? Il caldino di una casa, facce amiche, cena di tutto punto. Sembra sempre che ci si ritrovi alla soglia di qualcosa, ogni incontro è il riassunto di un capitolo, nuove confidenze da prendere con vecchie conoscenze. Ogni volta è un'istantanea prima di nuovi cambiamenti, è un modo per scongelare una quotidianità che già non esiste più.
C'era chi aveva mangiato il cane in Corea, chi ne possiede tre e non pensa minimamente di mangiarli, chi si laurea, chi no, chi vive qua, chi vive là, due che compivano gli anni, chi fa rime e le canta, chi espatrierà a breve, chi è dimagrito, chi è ingrassato, chi disegna sui tovaglioli. Chi aiuta a pulire, chi resta a ciacera sul divano. 
Quanti Culi!
Tanto si sa, che che si dica, che che si faccia, si resta sempre gli stessi cogliozzi di sempre, ormai cogliozzi organizzati, certo.

giovedì 1 aprile 2010

Rovesci

Quanto pioveva! Pioveva così tanto ma così tanto che sembrava non piovesse. Pioveva così tanto che facevo finta di esser forte e agile nell'affrontare la pioggia

Il cielo squarciato da lampi chilometrici! 

Pioveva e la borsa era zuppa, il mio braccio era zuppo, i miei piedi erano zuppi, le punte dei capelli erano zuppi e Jean-Jacques in borsa anche lui aveva aperto l'ombrellino. 
Mi sono innervosita ma non l'ho detto, non sta bene lamentarsi sempre. Finisce che te le tiri dietro.

Poi, una volta giunta a casa ho tolto, come potete ben vedere, un bel po' di quadri dalle pareti perché in questi casi gli orpelli ti stanno stretti e di parecchio. Si campa meglio con meno cose intorno.

E sai cosa odio
Odio quando qualcuno invece di parlare del tempo perché non sa cosa dire si mette a parlare di politica così pare che si faccia un discorso serio.