lunedì 29 giugno 2009

Papale nella bruma

Volevo solo suggerire ad A. S. P. (scopritore della critica in montagna, e che solo per merito suo pubblica per Bollati-Boringhieri) questa immagine, che mi sembra rientri appieno nell'argomento del corso. La lontananza sai, è come il vento: c'è, ma non si vede. E più ti avvicini e più la perdi, un po' come l'indovinello del silenZio.

In primo piano: la testa del naso. Sullo sfondo: insolito paesaggio toscano.

La foto tagliata da me è di g.c., che lui ci tiene al ©opyright. Nziamai.

EsotosCanismo


Ecco riassunta in una foto la mia terra. O almeno questo è quello che piace pensare a chi non la conosce per niente.

Cosa cerca l'ammerigano o più in generale il biondo paonazzo con poca vitamina D sviluppata in corpo quando approda all'aeroporto di Pisa e poi si dirige tronfio presso l'alloggio prescelto via internet? L'agriturismo. È un sogno, mi hanno detto che in Nord America andare in Toscana in agriturismo è il non plus ultra del lusso, una roba tipo per noi raccontare di Sharm-El-Sheik (...). Sì che bello pensa potremo provare l'emozione di tornare a quel mondo arcadico e rurale fatto di covoni di paglia e concimaie a cielo aperto. Cosa c'è di meglio? Poi sì c'è la piscina, ma son pur sempre vacanze. Pensa! Faremo finta di fare la vita dei contadini senza alzare un dito, sarà come quelli che vanno a fare la guerra per gioco.
Di agricolo c'è solo il paesaggio, che più o meno in tutta la regione si cerca di mantenere da cartolina. Ma per gli altri eh mica per noi. Non è stato deturpato dal "progresso" grazie ai turisti. È confortante questo punto di vista? Come al solito, le intenzioni non sono nobili.
La Toscana è una grossa baggianata. Ormai trovare il tipico è talmente difficile che negli altri posti ci accusano perfino di non avere un dialetto (e anche qui trovo da ridire: semplicemente il nostro dialetto ha fatto carriera ed è diventato l'italiano. Ma non scadrò in tali polemiche). Che poi i pugliesi ci vengono a dire che il nostro olio è leggero, troppo. E grazie, è stato modificato negli anni secondo i gusti degli stranieri, quello che facevano i miei trisavoli mica era uguale.
Agri-turismo. Agri-profitto. Dal primario al terziario senza passare dal via. Casolari stuccati, camere in affitto, cordialità del proprietario dall'inglese stentato che ti dà pure una mappa della zona concessagli gentilmente dall'APT della provincia.
Uuuuh arriva l'alta stagione, via a metter fiori sui davanzali, sennò quelli arrivano e gli pare spoglio, magari non era come se lo immaginavano. Ma secondo voi la mi' nonna si metteva lì a rifinire col cotto per fare una cosa "tipica" o più verosimilmente andava a zappare e a togliere le erbacce smadonnando delicatamente (aveva pur sempre prestato servizio a Roma in casa di signori, da giovane)? Io credo che badasse più ai conigli e alle galline che all'etichetta. E quella sì, era Toscana, dove uno straniero col cavolo che entrava in una proprietà. A vedere se il contadino gli tirava due pallinate col fucile. Poi qualcuno ha avuto la grande idea di aprire la porta al forestiero e di tirare fuori prosciutto e popone. Il contadino, scarpe grosse e cervello fino, si è affinato le scarpe senza ingrossare il cervello. Gli garba all'americano questo cipresso, gli garba la collina...so lovely.
€€€€€€€€€€!!!
Per carità: è ovvio che piaccia, è tutto splendido. Quando torno da un viaggio mi si stringe il cuore ogni volta che si mette la freccia a destra per uscire dal casello. Ma possibile che ci si voglia illudere che siano cose reali, tipiche? Non si vede che è tutto un grosso set, nel momento in cui ti chiedono soldi?
Riempirsi il cuore, lecito. Ma mi irrita, lo stesso. Siamo il sogno esotico dei ricconi che i campi non li hanno mai visti. E spesso neanche noi che ci abitiamo, ma facciamo finta di sì.
Perché tutti pensano di conoscere queste colline, e non c'hanno capito niente. Solo chi ne è stato abbracciato da piccolo e rimproverato qui da vocali a seconda aperte e chiuse a gran voce può.

venerdì 26 giugno 2009

Fatiguée de penser

Se il sonno della ragione genera mostri, i mostri della veglia da cosa sono generati?














© Goya

Vesto tetro
Vade retro
Vai sul retro
Resta un vetro
Mani dietro.


lunedì 22 giugno 2009

È un bicchier d'acqua con un'oliva

Anzi, forse è meglio dire:

eeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee.

È un bicchiere di vino con un panino

Questa è una di quelle giornate in cui c'è solo una cosa da dire:

EEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE!!

mercoledì 17 giugno 2009

Il Mononatica

Dedicato a P.

Vi voglio parlare oggi della storia di qualcuno alquanto singolare. Lui poveretto non era nato come tutti con due mele nel didietro, ma ne aveva purtroppo una sola. Sua madre dopo aver partorito, quando i medici lo girarono non poté trattenere uno stridulo "Ih!", ma pensò che, dopotutto, era pur sempre suo figlio.
Crebbe contento come tutti gli altri bambini, finché la sua ingenuità svanì.
Poi un giorno, a scuola, qualcuno gli fece uno scherzo. Era un pargoletto timido timido, perché dentro di sé sapeva di essere diverso dagli altri, anche se non se n'era mai accorto ancora nessuno. Per quel suo carattere taciturno veniva sempre schernito dai compagni, che un giorno, ahi ahi! gli abbassarono i pantaloni in mezzo al corridoio per farsi beffa di lui. Tutti quanti, attoniti, vennero a scoprire che lui il culetto ce l'aveva tondo, senza la cara insenatura divisoria. Dopo qualche secondo di stupore, tutti scoppiarono a ridere e a qualcuno, un qualche bambino particolarmente precoce, interessato ai nomi scientifici dell'anatomia nonché figlio di un professore di greco con gli occhiali sporchi e la cravatta marrone, cominciò a urlare "Il Mononatica! Il Mononatica, ahahahaha!". Così da quel giorno il poveretto si dovette portar dietro questo infausto soprannome.
Il tempo passava, e lo conoscevano tutti in paese, era considerato una personalità alla stregua del sindaco e dello scemo che seguiva la banda quando era festa.
Se ne sarebbe voluto andare, ma dove? A Prata? Non avrebbe potuto sbarazzarsi di quel suo particolare fisico, neanche su un'isola deserta. Un po' si odiava, pur sentendosi tutto sommato unico e orgoglioso di esserlo.
Pensò di farsi un'operazione per diventare come tutti gli altri, ma, un po' per l'orrore delle sale operatorie, un po' perché poi nessuno avrebbe più fatto caso a lui, decise di tenersi quell'area tondeggiante. Ma ciò che più lo rincuorò non fu tanto l'unicità che davvero lo contraddistingueva, ma che lui che non era come il culo non aveva solo il culo, ma soprattutto la faccia.

lunedì 15 giugno 2009

Mi sento un po' un cannibale


Quando riprende, quando riprende quella sensazione che non capiamo più niente che non sappiamo se sia male di vivere e che cavolo vuole da noi, se il caldo, se entrambi, ci giriamo intorno e tutto infastidisce ma soprattutto è tangibile l'impotenza nel cambiamento del circostante, quando il sangue è uscito dalle vene ed è entrato nella pancia, quando siamo pronti a mandare tutto all'aria e sappiamo di voler star male così senza motivo almeno possiamo dare la colpa a qualcosa, senza dover risalire a motivazioni concatenate.
Quando vorremmo tutto per noi pur sapendo di non essere in grado di controllarlo, quando la condivisione si fa stretta eppure è obbligata e non poter urlare diventa straziante.
Quando gli altri non ci ascoltano perché stiamo zitti, ma stiamo zitti perché gli altri non ci ascoltano. Ci sentiamo estranei pure a noi stessi, anche i pensieri si rarefanno, così da infastidire meno e poter avere la mente sgombra per pianificazioni che evaporeranno in un nonnulla.
Quando ci sembra di deludere il prossimo con comportamenti non abituali, e speriamo che il prossimo decifri qualcosa di inspiegabile ma in realtà questo si gratta allegramente la pancia di fronte alla nostra oscurità momentanea, e/o ci piace intenderla così. In fondo anche il prossimo si distrae facilmente e magari si sente come noi senza che ce ne accorgiamo.
Quando capiamo che in realtà ci sono dei fievoli segnali esterni volti a rendere la situazione più serena, ma il nostro animo non ce lo permette e vorremmo flagellarci, perché sentiamo la mutazione crescerci dentro e vorremmo premere rew. e f.fwd. in contemporanea sapendo che si rovinerebbe la cassetta.
Quando ormai non controlliamo più le azioni o forse le controlliamo e tentiamo di mettere ogni parola sulla bilancia del buonsenso con uno sforzo sovrumano e sembra che per qualche ora - stranamente - l'allegria ci abbia abbandonato, per piccole delusioni estemporanee che non ci dovrebbero riguardare. E che vorremmo ci riguardassero. Quando ci sentiamo così, rispondiamo che siamo stanchi, ma stanchi non lo siamo quasi mai.
In questi momenti, vorremmo che tutto finisse per sempre e contemporaneamente durasse all'infinito.
Avete capito di che parlo. Papillons.

PenZierino pseudomattutino

Stavo pensando che se è vero che buscar vuol dire cercare, è altrettanto vero che chi ne busca se l'è cercate.

domenica 14 giugno 2009

Stucchevolezza rifinita

Hp:
Giusto, giustissimo; mi hanno ricordato oggi che ho dimenticato di descrivere lo stucco in quanto rifinitura. Uno si mette lì, fa il grosso del lavoro, poi rifinisce.

Ora. Le rifiniture senza una base sono insensate, se posso permettermi di nominare il sig. Senso. Contorno, dettagli. Esempio pratico: una macchina senza Arbre Magique va lo stesso, e l'Arbre Magique da solo, per contro, è disgustoso. Puzzolente, putrido, allergenico, scabramente vellutato. Di più: con l'Arbre Magique non puoi andare a fare la spesa. E non puoi farci neanche l'albero di Natale. Se ti piace darti un'aria da alternativo, invece, sì. Anzi, ora che ci penso a dicembre farò di tutto affinché in casa aleggi un simpatico olezzo di pino silvestre.

I dettagli da soli sono spesso eliminabili. Se poi stanno a completamento di un corpus più grande, ne possiamo parlare. L'importante è che questi dettagli a rifinitura non sostituiscano la parte più significativa dell'opera, che non saltino troppo all'occhio - o al naso, se Alberi Magici (lecci?). A me piacciono i dettagli, li ammiro proprio perché si nascondono e se celati volontariamente diventano un orgoglio.

Mi chiedo perché a volte lo stucco, secondo la mia analisi precedente - se inteso adesso come rifinitura e dettaglio - non si celi anch'esso dando un effetto di insieme che non stoni e non ci accechi con i suoi colori da Stabilo Boss che brilla anche al buio. Lo stucco non è più rifinitura quindi perché irrompe, violento, nella vita di tutti i giorni e ci ri-sfinisce con le sue inutilità.

Th:
MEGLIO UNA MACCHINA SENZA ARBRE MAGIQUE, IN DEFINITIVA.

sabato 13 giugno 2009


Tornerà la moda dei vichinghi,
torneremo a vivere come dei barbari.
Friedrich Nietzsche era vegetariano,
scrisse molte lettere a Wagner
ed io mi sento un po' un cannibale e non scrivo mai a nessuno,
non ho voglia né di leggere o studiare,
solo passeggiare sempre avanti e indietro lungo il Corso o in Galleria,
e il piacere di una sigaretta per il gusto del tabacco non mi fa male.

Tornerà la moda sedentaria dei viaggi immaginari e delle masturbazioni;
I'analista sa che la famiglia è in crisi da più generazioni
per mancanza di padri,
ed io che sono un solitario non riesco; per avere disciplina ci vuole troppa volontà.
Mi piace osservare i miei concittadini specie nei giorni di festa
con bandiere fuori dalle macchine all'uscita dello stadio
e mi diverte il piacere di una sigaretta per il gusto del tabacco.

mercoledì 10 giugno 2009

Se rinasco, non ci rinasco

Sabes, come al solito mi accontento delle spiegazioni che mi dò. Il mondo è un sistema che risponde alle mie regole. In fondo la situazione nella mia testa è chiara, anche se non ne conosco neanche la metà può darsi.
La mia buona-mala fede si mette un sacco in testa e forse gli sguardi non suffiscono. Falta de tranquilidade?

ArguZie

La prossemica, una fissa-azione.
Non penso mai di avere il potere di far rimanere male gli altri. Perché il mondo è un sistema che risponde alle mie regole e lì voglio bene a tutti quelli a cui voglio bene, a rigor di logica non dovrei ferire nessuno. Invece sì, li faccio rimanere male? Dimmelo te. Che sei fuori dal sistema pur facendone parte. È che non mi rendo mai conto quando sono causa di qualcosa. Conseguenza sì già lo fui, conseguenza di un amore.

Mi controllo e faccio male, a volte mi sento come una simpatica ameba che dà troppo ascolto alle sue sinapsi e non si preoccupa dei sentimenti degli altri. O forse se ne preoccupa troppo, che è la stessa cosa. Scusami in anticipo per qualcosa che comprenderò un giorno, forse.

E se non avete capito di che parlo, allora avete afferrato il concetto.



Chama-o como quiseres, mas o resultado é o mesmo

domenica 7 giugno 2009

sabato 6 giugno 2009

Che ne diresti?


Al mattino poffarbacco
Mi ripeto che son viva
Quando il giorno si fa stracco
Non son tanto recidiva.

Poi di notte nel giaciglio
Penso solo al mio passato
Fra una spia e uno sbadiglio
Non mi accorgo del mio stato.

Ma al mattino credi a me
Sento già la mia partenza
Apro gli occhi e penso che
Sia un gran lusso la presenza.


Poi ritrovi questo e quello
Che ti dan tanti consigli
Tu dai ascolto al tuo cervello
Temporeggi e ti ripigli.

Vivo allegra, vivo sana
Non capisco cosa vuoi
Ti chiedo almeno, perdiana
Se puoi farti i cazzi tuoi.

martedì 2 giugno 2009

Stucchevolezza

Lo stucco: una patina che va sopra una crepa, uno sfregio, provocato volontariamente o per accidente su un muro, a coprire il misfatto. Oppure: materiale applicato per decorare una superficie. C'è a chi piace, a chi no. A me, insomma. In ogni caso, sempre di posticcio e superfluo si tratta. Anche il bianchetto è uno stucco da foglio, che mi hanno insegnato a non usare. L’errore c’è stato, dimmi qual è.
Lo stucco svolgerebbe appieno la propria funzione se avesse la capacità di riavvolgere il nastro del tempo fino a un momento prima dell’errore. Mediante il suo utilizzo invece si ottiene un misero effetto trompe-l’œil, buono solo per chi si illude che tutto è ancora impeccabile.
Allo stesso modo le persone stucchevoli (modo carino per nominare i rompicoglioni) sfociano nel superfluo. E sono diventate tali in un dato attimo nel passato, rovinandosi à jamais la reputazione. Il tempo che hanno impiegato per fregiarsi dell'aggettivo "stucchevole" può essere stato più o meno breve, ma il risultato non cambia. Parlano troppo o a vanvera, cercano di riparare una parola in eccesso aggiungendone altre, à n'en plus finir. I loro argomenti di discussione e le loro vedute non ci interessano, il loro umorismo fa piangere di tristezza. La loro vista ci acceca da lontano. Sono persone per noi appunto superflue, che deviano dall'essenziale, e quindi inutili, se mi è concesso.
Il nostro atteggiamento varia da caso a caso. Andiamo per gradi.
  • Ci sono quelli che evitiamo di salutare. Se li vediamo cominciamo a frugare nervosamente nella borsa o ci fermiamo a guardare una vetrina (magari di sanitari). Normalmente il sentimento è reciproco: il soggetto ha bene inteso la nostra antipatia, non desidera di certo conversare con un avversario (avversare?). Di solito non gli piacciamo perché sa di non essere nelle nostre grazie, e magari stravedeva per noi anzitempo.
  • Ci sono quelli a cui sorridiamo a mezza bocca fingendo di avere un'aria affrettata - non mi fermo a parlare non perché mi stai sulle balle, noooo, ma perché ho un saaaacco di commissioni da svolgere, una questione di vita o di morte sai -. Questi macché, di solito non capiscono mai, credono fermamente nella tua fretta. Ti richiamano a gran voce, vogliono parlare con te del tempo, nonostante tutto. Tu devi giustificare la tua andatura, inventandoti impegni inesistenti, o gonfiando gli esistenti.
  • Ci sono quelli infine con cui ti tocca parlare, perché grandi amici / grandi parenti di qualcuno a cui vuoi bene. Quest'ultimo può essere a conoscenza o meno dei tuoi reali sentimenti, ma ciò non toglie l'obbligo alla frequentazione. E tu a morderti la lingua, a stringere i pugni. Un giorno sbotterai, e nessuno capirà che cazzo succede. Andrai da terzi a dire "Madonna c'era anche...oddio non si regge. Ma come farà a stargli simpatico/a...a volte mi vengono i dubbi." Oppure frecciatine a ripetizione, acidità a livelli che il limone va dallo psicologo (sempre però sapientemente stemperate in una dose massiccia di miele). Diamoci una calmata. La loro voce, i loro modi di dire ci irritano. Spesso questi sentimenti sono figli della gelosia, ma nella maggioranza dei casi, no. È tutto vero, sono delle ciofeche, basta, dei semplici imbecilli.
Il peggio che ti può capitare è sentirti trattare tu in prima persona come nell'ultimo caso. Una delizia. Anche perché ci si comporta così con gli imbecilli. Ma io non sono imbecille, è inutile che lo pensiate. Tzè! E lo rivendico con orgoglio. Ma guarda te. Che poi me ne importa ben poco, intendiamoci. Non capita spesso, ma quando succede ci rimango sempre di stucco.
In francese per dire "stucchevole" usano l'aggettivo écœurant. Adatto per qualcosa che "esce dal cuore". Ecco, ecco cos'è. Una volta qualcuno mi disse: "Certo che te sei una persona a cui è proprio impossibile non volere bene. E se qualcuno non ti vuole bene è perché ti odia". Esciopiacere.
P.s.: Qualcuno per caso ha notato la struttura del post? È l'abitudine.

Il voto è segreto

Dimmi dimmi dimmi che senso ha




A me
Mi pare che siamo solo un branco di confusi