I giorni si susseguono, uno dopo l'altro, come quelle carovane di macchine alle porte di Parigi, così tanti clacson e frecce assassine da cancellare quasi la calma ovattata di vapore acqueo bretone.
Si va avanti e si aspetta, seduti con un piede pronto allo scatto, con l'attesa paziente e organizzativa alla bell'e meglio e non nervosa; si finirà di vivere con la valigia alle calcagna (ce ne sono 3 aperte in casa mia) e cercare una stabilità annuale nel sud del nord.
Non chiedo niente, chiedo una lavatrice in casa, un supermercato vicino e una bici col cestino. Il resto verrà da sé; non ascolterò più pareri e faccio quello che mi spetta come mi pare nei limiti del possibile.
Fuggo dalle cazzate, me ne inventerò altre e la gente troverà in me nuovi pregi e nuovi difetti, per ora chiudo a tentoni e a scossoni un ciclo che ho già mentalmente terminato.
Prenderò una nave o un bus o un treno o tutti e tre, mi perderò all'inizio e mi annojerò di quel che avevo smarrito. Vedrò gli stessi posti di cui sentirò inizialmente l'esigenza di prendere in foto, darò il nuovo indirizzo di casa agli amici qua e là, verranno a trovarmi e rientreremo per cena con le scarpe piene di sabbia.
Mi verranno in mente nuovi progetti al primo o all'ultimo minuto.
Per ora domattina lavoro, ed è un bene.