giovedì 22 ottobre 2009

Ma la ghenialità è nata insieme a me

Stavo pensando, no. Perché uno va in biblioteca e mica produce un prodotto, si mette a ragionare su quello che lo ha colpito. Ora a letteratura latina si fa questa analisi accurata dell'Anfitrione di Plauto, - che per fortuna oggi ha offerto scene esilaranti ricche di botte da orbi -, e insomma c'è la figura di questo servo, Sosia. Il professore non ha dovuto neanche precisare che l'accezione odierna del termine provenisse da questa commedia di oltre 2000 anni fa, e forse neanch'io avrei dovuto farlo ma l'ho appena fatto.
Sosia fa la parte del furbo, ma in realtà è cornuto e mazziato. Nasce schiavo, segue fedele il padrone che dà il nome alla commedia di cui fa parte, e quando i due tornano a casa dalla guerra si ritrovano Giove e Mercurio che hanno preso le loro sembianze, tutto questo affinché Giove possa fornicare con Alcmena, la moglie di Anfitrione, che già è incinta - quando tutto e quando niente.
E insomma. Prologo, poi prima scena, dio e schiavo faccia a faccia. Povero Sosia. Sosia è il sosia di sé stesso. È Mercurio che è il suo sosia, e gli dice che si è bevuto il cervello (Hic homo sanus non est.), che è pazzo perché Sosia è lui, e lo convince o meglio lo obbliga a mazzate a stare al suo posto. Roba da mettersi a piangere. Lui un'identità ce l'aveva, seppure da schiavo: ma il dio gli chiede di annullarla completamente, almeno finché non sarà completato l'obiettivo della messinscena che li ha portati sulla terra. Povero Sosia, non è lui il termine di paragone, è Mercurio, che gli assomiglia in tutto e per tutto, capelli, gambe, cicatrici sulla schiena, collo, mento, furbizia.
L'evoluzione del linguaggio nel tempo non gli ha reso giustizia. Sosia è diventato "qualcuno che somiglia in maniera impressionante a" grazie al dio, che si è presentato sulla scena uguale al servo e che ne assume momentaneamente anche il nome. Altrimenti lui non sarebbe somigliato mai proprio a nessuno.
Ecco, io sono contenta di aver saputo questa cosa, o di averla almeno dedotta, perché insomma diciamocela tutta, chi nasce sfigato pare che non brillerà mai di luce propria. Ma non per questo la luna è meno bella.

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