domenica 11 aprile 2010

[…] vous faites, ils font.

© Matt Robinson
No, non si usa un font a caso. Usare un font a caso è come scrivere coi piedi. Se la calligrafia esprime la personalità per mezzi perlopiù inconsci, la scelta di un font nella videoscrittura è un carattere che l'autore applica si spera in maniera più o meno consapevole. Ed è in fin dei conti un modo per recitare.

Mi rincresce non conoscere la storia dei font tanto accuratamente come vorrei. E avrei bisogno di qualcuno che me la spiegasse, che mi appassionasse a dovere, che già le basi ci sono. Su Wikipedia esistono lunghe descrizioni barbose che col cavolo finisco di leggere. 
So comunque, ho letto almeno, che ci sono nel mondo dei maniaci del font che sanno smascherare errori nei lungometraggi (noi profani ci limitiamo all'orologio al braccio del gladiatore), errori di scritte, insegne, nei film di ambientazione storica. Caratteri inventati dopo il periodo in questione, anacronismi tipografici.

Un font è una firma, un riconoscimento. Ogni casa editrice ne usa uno diverso, per distinguersi. La Feltrinelli usa il Century, la Penguin il Gill Sans, le edizioni Pléiade della Gallimard il Garamond e la Einaudi l'Einaudi Garamond. Un font su misura. La Einaudi inoltre ha fatto la scelta editoriale di mettere l'accento acuto sulla i (í) e sulla u (ú), quando in italiano dovrebbero essere gravi (ì e ù), per vezzo. A loro si perdona. Cosí durante la lettura si intuisce una singolarità che è perlopiú difficile da individuare, anche se ce l'hai sotto il naso.

Blogger non offre tanti font, e che peccato. Si fa con quello che passa il convento. C'è il Georgia, che è quello che sto usando adesso, l'Arial, che poco sopporto, il Courier che fa tanto signora Fletcher, l'Helvetica, il Times che è troppo serio, il Trebuchet che mi fa inciampare, e il Verdana che è un po' troppo camuso.
Questi ci sono e questi tocca usare.

Ecco qua, contenti, ho scritto un post sui font, chissà che il prossimo non sia sulle stilografiche, solo però dopo aver chiamato il mio avvocato d'ufficio.

7 commenti:

Anonimo ha detto...

nell'imbarazzo della scelta, ho optato per il classico sempre-verde Times New Roman. e devo ammettere che mi piace. è stato come trovarsi in quei periodi in cui non sai più che mangiare per colazione. le provi tutte. cereali, succhi, toast, ovi sodi e fritti, cornetti, paste....poi pensi alla tu' nonna e scopri che quello che ci vuole è il pane inzuppato nel caffé-latte ben zuccherato. si, il Times è un pò come la Bepps, sempre-verde:)

NêZ ha detto...

O Rosbif!! L'hai finita allora 'sta tesi eh? Ci vediamo presto, LaBepps permettendo.
Baci

Adele ha detto...

adesso però è necessario scrivere un bel post sulla posizione delle lettere delle tastiere dei pc e le loro differenze tra nazione e nazione.......è un tema che mi interessa molto, lo sai.

NêZ ha detto...

Sì, bisognerebbe fare una ricerca accurata, che le nostre teorie presentano delle lacune.
Io prenderei Azerty come pseudonimo, quasi quasi!

Adele ha detto...

qwerty VS azerty!

si,allora iniziamo a documentarci in maniera accurata.
la grigia giornata di oggi sarà dedicata oltre che al qwerty, all'intrecciamento...ho una botta di ispirazione!

Cosimo Lupo ha detto...

grazie per il tuo post, vi consiglio anche un altro post – per la serie “abbasso il Times New Roman!” – che potrebbe interessarvi (è del mio amico Davide Tommasello):
http://www.tommydavid.com/2009/05/10/questione-di-caratteri/

Voglio solo fare una piccola precisazione (per inciso, non sono [ancora] un “maniaco dei font”...)

Il fatto che l’editore Einaudi utilizzi l’accento acuto come accento grafico sulle lettere “i” e “u” non è tanto un vezzo tipografico, quanto piuttosto una decisione fondata su solide basi fonologiche.
Ad esempio, il linguista Luciano Canepàri, nel suo “Manuale di Pronuncia Italiana” scrive:

«L’accento acuto ‹´› indica vocale (piú) chiusa, quello grave ‹`› vocale (piú) aperta; e l’uso piú raffinato aderisce alla realtà fonetica, preferendo í, ú, é, ó (chiuse), è, ò, à (aperte), sebbene sia piú frequente trovare é, ó, ì, ù, è, ò, à, soprattutto a causa delle limitazioni delle tastiere tradizionali» (Luciano Canepàri, Manuale di pronuncia italiana, Zanichelli, Bologna, 1999, pp. 15-16)

Per ulteriore approfondimento, cfr. il paper di Paolo Matteucci, “Accento grafico su i e u. grave o acuto?”, scaricabile da qui:
http://www.achyra.org/matteucci/files/iu.pdf

Ciao!

PS: e mi raccomando, spargete la voce! ;)

NêZ ha detto...

Grazie per la precisazione.