Vorrei spezzare una lancia in favore di Jean-Jacques Rousseau, nonostante tutto. Lo so, sto un po' ammorbando tutti raccontando di questo personaggio (l'episodio della sua vita che preferisco è quando prende l'abito armeno, tunica e cappello di pelliccia, e meriterebbe lui solo un post), ma in fin dei conti non lo sto facendo manco poi tanto, dai. Insomma, con André Breton vi era andata molto peggio. Purtroppo o per fortuna ho la tendenza a finire col credere di conoscere di persona chi studio per l'università, insomma dopo un po' di tempo queste genti diventano qualcuno di famiglia, mica riesco a dividere l'ambito studio e vita privata. Altrimenti non avrebbe senso per me leggere Les Confessions di Rousseau: che cazzo me ne fregherebbe se non fosse per fare un piacere a qualcuno che conosco? Tipo un cugino che ti dice leggi e dimmi che ne pensi. Magari poi mi viene da appoggiare anche qualche sua posizione.
Potete trovare tante biografie su internet, ma sentite a me, che vi dò i dati essenziali. Per chi non lo sapesse, Jean-Jacques (1712-1778), nato sotto il segno del Cancro, ha passato la sua vita a cercare la società e i salotti e allo stesso tempo a ritirarsi a mo' di eremita sparendo dalla circolazione. Poi però mentre era via si chiedeva cosa stessero tramando alle sue spalle. E ha passato un'intera vita a spiegare a quelli dei salotti buoni perché si ritirasse. Un ottimo motivo era pure un serio problema alle vie urinarie che lo costringeva a mingere continuamente. Scusi Madame de Luxembourg, vado un attimo a fare pipì poi torno e se ne parla. Vicino alla natura, amante di pane e formaggio e dei pasti frugali in genere, fosse vissuto ai nostri giorni si sarebbe iscritto al CAI.
Personaggio paranoico e contraddittorio, ha scritto un trattato sull'educazione e abbandonato 5 figli all'orfanotrofio. Con manie di persecuzione, aveva paura che gli sottraessero perfino la lista della spesa e vedeva l'occhio di Sauron che lo fissava dovunque andasse. Lui stesso ammette di avere più paura dei suoi mali immaginari che di quelli veri. L'immaginazione è stato ciò che lo ha reso felice e allo stesso tempo disgraziato.
Andare in biblioteca e leggere le sue paranoje non è divertente; e fino a un certo punto de Les Confessions mi riconoscevo appieno nel suo carattere, a tratti sembrava parlasse proprio di me, e l'avevo preso in simpatia. Poi no, ha degenerato e avrei voluto prenderlo a sberle. Ma come si fa. E con che dovizia di particolari! Non viveva tranquillo un secondo. Uno sguardo di sbieco o una voce sentita faceva istantaneamente crescere la lista dei suoi nemici.
Però poretto: ha tutto sommato avuto una vita di m****, e l'impresa di confessare a tutti quello che uno normalmente si tiene per sé finché campa non è da tutti, riuscire a sovrastare i propri segreti non è mica facilissimo. Per giustificare il suo carattere di fronte ai presunti nemici che lo volevano far fuori, certo, una sorta di rivalsa. Rivalsa postuma, ché Le Confessioni dovevano uscire dopo la sua morte, e questo è un punto a suo favore. Quindi immagino quanta applicazione per spiegarsi proprio bene bene bene.
Era pure lui, in un certo senso, un Dinghiano, che conosceva la verità del suo penZiero e tutti gli altri non c'avevano capito nulla. Ed è per questo, che, in fondo, lo capisco per davvero.
Che a noi dei suoi segreti e colpe da espiare ce ne importi qualcosa quello è un altro discorso, è l'idea che resta comunque affascinante.
E ora caro mio ti torno a studiare, ti analizzo, ti giudico. D'altronde ti ci sei messo tu stesso nella pubblica piazza, non ti lamentare, JJ.
Che tu riposi in pace, tormentato dalla tomba di Voltaire di fianco a te: che sfiga.