domenica 22 marzo 2009

In piena facoltà, egregio presidente...


ensare che non era un tipo che colpiva particolarmente. Lei portò dietro una cara amica per sentire un parere, con quella stupidità femminile di richiamare a sé le confidenti a riprova, come se non si sapesse già tutto dentro di noi. L'amica non capì fino in fondo il suo entusiasmo.

Un tipo solitario, che forse attirava poche mosche, o meglio, aveva tanti amici ma non troppi mosconi in cerca di popolarità. Stava insieme agli altri come se fosse in comunione con il cosmo e sembrava che quello che gli succedeva non fosse direttamente legato a lui. Eppure si sentiva che le relazioni che aveva erano profondamente sentimentali, sempre.
Non era facile afferrare il suo sguardo, quello sguardo che fissava le cose del mondo con una visione sinceramente esteriore. Non guardava gli altri: vi posava lo sguardo, come avrebbe potuto farlo su un paesaggio, un fiore, una stazione affollata. Fu forse una certa presunzione di averlo colto che la attirò a lui. E un episodio che scade nell'aneddotica che aveva messo su di lui un segnalibro, su una pagina da riaprire dopo un po' di tempo. Voleva forse che la guardasse, e non che posasse su di lei lo sguardo. Più che guardare ed interiorizzare, contemplava. Bisogna riconoscere che aveva un ego piccolissimo, caratteristica introvabile ormai.
Lei apprezzò che le loro prime conversazioni non fossero state stupide. Lo furono di più quando acquistarono maggiore confidenza. Col senno di poi, si rese conto del rispetto che lui aveva dell'intelligenza di ognuno.
Quel poco tempo che passarono insieme lei sentiva fosse di una qualità superiore rispetto a quello che avrebbe potuto passare con persone che le sembrava conoscere di più. Una persona meravigliosa e impressionante.
Le causò un pianto solitario seduta su una scalinata mentre posava lo sguardo su un'alba estiva e sui suoi miseri moti interiori.
Le insegnò delle cose, senza tenere un corso. Pensare a quello che ci piace fare, e farlo senza preoccuparsi troppo del giudizio. Non aver paura della solitudine, se con sé stessi si è a posto. Guardare le cose in modo diverso: porsi in maniera trasversale e relativa anche nel considerare o giudicare un oggetto insignificante. Capire che c'è uno sguardo esterno a noi che ci vede, e che la nostra normalità non vale per ciascuno. Accettare tutto e tutti, con un'apertura sincera, non costruita, di aria rinnovata. Stare in silenzio quando è il momento, cantare e ballare in un altro senza pensare che sia sbagliato. La sincerità non stupida delle affermazioni, una certa spontaneità di indole. E che i luoghi più belli non sono quelli che piacciono a tutti.
Fuori dagli schemi soliti ma perfettamente inserito nei suoi, con un ordine e una disciplina, per quello che prediligeva o in cui credeva, disarmante.
Portava con sé una certa immobilità, mista ad azione.


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